L’IVA in Europa, Italia fra le più care: la classifica

di Barbara Weisz

9 Ottobre 2013 13:10

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L’aumento IVA al 22% posiziona l’Italia ai vertici della classifica europea della tassa sul valore aggiunto. Non è ancora il paese dove questa imposta indiretta è pià  alta, ci sono aliquote ad esempio del 24 e del 25% rispettivamente in Finlandia e Svezia, due economie del nord Europa dove all’alta imposizione fiscale si accompagna però un livello di servizi e welfare, per imprese e cittadini, imparagonabile a quello italiano. Vediamo nel dettaglio la classifica dell’Iva europea: considerando solo i 17 partner della moneta unica, l’Iva più cara è quella finlandese, al 24%, seguita da Grecia, Irlanda e Portogallo, al 23% (come si vede, una nutrita rappresentanza di PIGS, acronimo che definisce le economie europee maggiormente in crisi, ovvero le tre appena citate più la Spagna). Ed ecco l’Italia, con il 22%, a pari merito con la Slovenia. Proseguendo all’interno dei confini dell’Eurozona, incontriamo Belgio, Spagna e Olanda, al 21%, Austria, Estonia e Slovacchia, 20%, Francia, 19,6%, Germania, 19%, Cipro e Malta, 18%, Lussemburgo, 15%. Se invece comprendiamo tutti i Paesi UE, l’Iva più alta è quella ungherese, al 27%, seguita da Svezia, Danimarca e Croazia, al 25%. Iva più salata che in Italia anche in Romania, 24%. Repubblica Ceca, Lituania e Lettonia al 21%, Bulgaria e Gran Bretagna al 20%.

Fra i punti a favore dell’Italia si può inserire il fatto che è fra i pochi paesi ad avere un’aliquota bassa sugli alimentari: il 4% si applica a pane, riso, pasta, farina, latte fresco, burro, olio, frutta e verdura, formaggi. Ad applicare tasse più basse sono solo la Gran Bretagna, che su alcuni alimentari non applica l’Iva (ma sugli altri tassa al 20%) e il Lussemburgo, dove si questi prodotti si paga il 3%. La Spagna prevede due diverse aliquote, a seconda dei generi alimentari, al 4% e al 10%. Esattamente come l’Italia, del resto, dove l’Iva è al 10% su zucchero, sale, cereali, carne, salumi, uova, pesce, yogurt, latte a lunga conservazione, marmellata, caffè, tè, cacao in polvere, cioccolato, prodotti di panetteria e pasticceria, gelati, salse. La Francia vanta invece l’aliquota più bassa, al 2,1% su medicine, quotidiani e periodici, canone televisivo. I giornali hanno un’aliquota bassa anche in Italia, al 4%, così come in Spagna (4%) e in Lussemburgo, 3%. Quest’ultimo è il paese che fa pagare l’Iva più bassa, del 3%, sul maggior numero di prodotti: bevande non alcoliche, farmaci, abbigliamento per bambini, trasporti, bar, ristoranti, alberghi. Infine, una breve panormaica sui costi dell’IVA sull’energia: anche qui, l’Italia è relativamente virtuosa, con l’aliquota al 10% su elettricità  e gas. Meglio solo il Lussemburgo, dove l’Iva è al 6%, e la Gran Bretagna, al 5% (su elettricità  e gas naturale, sulle altri fonti sale al 20%). Considerando però la benzina, con l’aliquota al 22% torniamo fra i paesi più cari. Il più conveniente resta il Lussemburgo, al 15%, seguito da Malta e Cipro, 18% e dalla Germania, al 19%. Come si vede, sui carburanti tutti i paesi applicano l’aliquota più alta. =>Leggi perché l’aumento IVA penalizza il Made in Italy: i calcoli