Impiegare in azienda comportamenti e regolamenti che si ispirano ai diritti delle persone e dei loro interessi è auspicabile in ogni contesto imprenditoriale, per migliorare la condizione lavorativa e promuovere una cultura della condivisione e del rispetto.
Sulla carta, questi buoni propositi sono seguiti: il 67% delle aziende italiane dispone di un codice etico e quasi il 70% supera le prescrizioni della Legge 231 del 2001.
Tuttavia, la realtà di tutti i giorni è ben diversa: solo 1/3 delle imprese lo applica veramente.
Inoltre, le figure aziendali che dovrebbero garantirne il rispetto sono poco definite, tanto da generare confusione nell’attribuzione delle responsabilità e una conseguente assenza di controllo.
Questo è quanto emerge da una ricerca della Fondazione Unipolis, che ha analizzato l’introduzione dei codici etici su un campione di circa cento aziende sparse sul territorio nazionale.
Solo il 35% dei manager considera in modo positivo l’impatto del codice etico sulla vita e sui processi aziendali, mentre i restanti non evidenziano alcun aspetto di merito. Alcuni esprimono diffidenza nei confronti dei codici, considerati come “una moda” da esibire solo in particolari “campagne mediatiche”.