Imprese oltre la crisi

di Alessia Valentini

Pubblicato 2 Aprile 2012
Aggiornato 27 Gennaio 2014 12:32

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Avaya Forum: ricette business per una vision in grado di andare oltre, per proiettarsi proattivamente verso le sfide del prossimo futuro.

Ottimismo, fiducia e reattività le parole chiave emerse al recente convegno Avaya Forum. Il periodo di crisi è inevitabilmente visto come momento di riflessione sulle scelte di investimento ma anche di consolidamento in vista delle sfide future del dopo-crisi.

Trend futuri

Che dalla crisi economica possano nascere opportunità non è un concetto nuovo: imprenditori e manager lo sanno da tempo. Dalla crisi economica si possono trarre riflessioni utili sui mestieri che finiscono ma anche sulle opportunità che si creano.  A sostegno delle scelte di oggi bisogna dunque guardare ai trend di domani, tracciati dagli analisti nel corso dell’evento.

Il 72% delle imprese, PMI comprese, permette l’uso del proprio personal computer ai dipendenti (Consumerizzaione IT) . Circa il 40% dei dipendenti spende oltre il 20% del tempo lontano dalla scrivania e il 72% delle aziende best in class prevede di includere gli smarthphone tra gli strumenti di videoconferenza.

Anche il ruolo dei CIO sta cambiando: tra gli obiettivi primari, si configura ormai la necessità di consolidare le infrastrutture adottando un modello di business che vi permetta l’integrazione di soluzioni ICT  per il perseguimento dell’innovazione, perché senza vi è competitività.

Altri elementi di spinta in un futuro prossimo per le aziende definite “evolving enterprise”, sono il BYOD, la comunicazione social e il cloud computing.

Il gap italiano

L’intervento di Giancarlo Capitani (Politecnico di Milano – Netconsulting)  ha evidenziato come l’Italia sia in ritardo in termini di crescita rispetto agli altri paesi Europei e purtroppo anche extra europei.

Le Telco soffrono un downpricing competitivo e anche l’Informatica non va come dovrebbe. L’IT è considerata ancora come un costo e non un investimento e, infine, siamo ancora alle prese con un imbarazzante digital divide sofferto dalle imprese più piccole.

Il gap è dipendente dal ritardo su tutti i fronti della digitalizzazione e dell’innovazione, che tocca l’intero Paese: dati alla mano, il mancato investimento in IT non permette di crescere.

La cura

La ricetta è orientata a colmare il gap e recuperare il ritardo tenendo presente però una doppia discontinuità:

  1. economica, con la Cina che rallenta e gli Usa che si stanno re-industrializzando a testimonianza che i vecchi paradigmi non funzionano più (tutti si riposizionano in uno scenario evolutivo);
  2. tecnologica con un panorama che sta cambiando rapidamente grazie alla diffusione di table e cloud computing e smartphone.

Parimenti importante, ha continuato il professor Capitani, sarà la capacità delle imprese di diventare
relazionali e orientate alle comunicazioni, dotandosi di sistemi evoluti e di soluzioni di unified collaboration.

La nuova Italia digitale deve porsi in un’ottica di costruzione di sinergie tramite la relazione e costruire un sistema di partnership per fare insieme innovazione.

In quest’ottica il social networking non serve solo a dialogare con il cliente ma anche a costruire policy e collaborazioni dedicate all’innovazione, e a valorizzare e misurare la reputation aziendale digitale.

Le smart communities avranno un ruolo cruciale nello sviluppo di progetti d’innovazione. I progetti Smart Cities possono costituire una guida e invece che restare esempi eccellenti ma isolati : potrebbero invece essere divulgati secondo una visione olistica per tutto il Paese.

Capitani suggerisce di considerare il panorama di mercato e di business fatto di luci ed ombre come un equinozio digitale.

In questo senso gli obiettivi dell’Agenda Digitale devono trovare la massima divulgazione per stimolare partecipazione e adozione delle nuove tecnologie. Un esempio per tutti: il cloud computing è unanimemente percepito come importante, ma avvertito più come una nebulosa che come una nuvola, e in quest’ottica la sfida è principalmente culturale prima ancora che tecnologica.