Di libri sul come gestire progetti, in libreria, ne troverete a decine. E difficile però scovare qualche attrezzo in più da riporre nella vostra valigetta da Project Manager – senza peraltro confondersi tra teorie contrastanti e approcci concorrenti – con tutte le cose da fare e da dire per condurre con successo il vostro progetto. Una buona sensazione di sintesi, invece, l’ho avuta leggendo il libro di Ned Herrmann “The Whole Brain Business Book” (McGraw-Hill Education – Europe, 1996).
In termini semplici ma con riferimenti a una tradizione scientifica consolidata, spiega come funziona il nostro cervello, quali sono i nostri “motivi guida“, perché prediligiamo certi comportamenti e perché non ci troviamo a nostro agio in altre situazioni.
Siete Analitici, Organizzatori, Emozionali o Creativi? Grazie a una serie di mappe é possibile posizionare le proprie preferenze mentali e comportamentali tra questi 4 profili e poi indagare nel dettaglio perché ci comportiamo in un certo modo. E fin qui tutto facile, troppo facile. Abbiamo quasi la sensazione di aver fatto l’ennesimo test della personalità (senza sfumature, tagliato con l’accetta, molto da manager americano, troppo…).
Invece è proprio qui che inizia il vero lavoro: partendo dai feedback che ci dà il test iniziale sulle nostre preferenze comportamentali dobbiamo capire dove siamo, cosa ci manca per arrivare dove vogliamo essere ma soprattutto perché ci sentiamo “sbagliati” in certe situazioni e perché spesso non capiamo le persone che lavorano con noi.
Test: il profilo
Poniamo il caso in cui l’analisi dei vostri comportamenti, modalità di relazione e interessi, vi abbia posizionato tra gli Analitici: approccio “ingegneristico” fatto di analisi, dettagli, visione ordinata del sistema e di come far funzionare le cose. Di fronte a un ostacolo analizzate i pro e i contro e poi adottate un metodo ragionato di problem solving che vi porterà ad agire nel migliore dei modi. Vi siete riconosciuti, avete una conferma di quel che già sapevate Niente di più?
Comincia a sorgervi qualche dubbio: il vostro modo di essere non sempre vi ha aiutato in situazioni difficili! Ci sono stati progetti, meeting e presentazioni che avevate affrontato con tutti i crismi e le pre-analisi eppure alla fine il vostro progetto si è arenato: la persona a cui avevate attribuito un ruolo fondamentale nel progetto si è messa di traverso; o magari vi è stata rivolta quella sola domanda del tutto non attinente con roadmap, conti economici e risk analysis su cui avevate lavorato e vi ha fatto cadere dal podio degli eroi.
Confronto tra profili
Ora che avete capito “chi siete” e quali sono i vostri punti di forza sulla mappa di Hermann, cominciate a capire l’utilità di andarvi a guardare gli altri profili.
Così scoprirete che, magari, quella volta in cui siete stati troppo rigidi nel comunicare gli obiettivi del progetto, forse avevate di fronte degli Emozionali, all’opposto del vostro quadrante: avete dato ordini secchi e precisi, business-oriented, dando per scontato il committment di tutti agli obiettivi da raggiungere; peccato che gli Emozionali siano colpiti più dalla relazione, dal lavoro di squadra e dagli stimoli emotivi. Non erano colleghi che “remavano contro” ma solo persone diverse da voi, che avrebbero lavorato con passione e coinvolgimento se solo aveste toccato le giuste corde.
Altra ipotesi: avevate di fronte dei Creativi, più interessati alla ricerca di opportunità e scenari alternativi ai vostri, almeno così come glieli avete proposti: i Creativi preferiscono seguire iniziative personali, risolvere i problemi in modo intuitivo tenendo la mente aperta verso nuove soluzioni.
Analisi della comparazione
Il concetto principe che vi trasmetterà il libro – oltre al metodo di approfondimento per capire chi siete, cosa preferireste fare ed in che ambienti professionali vi muovete meglio – è la cultura della diversità: diversi approcci, modi di pensare e di gestire la complessità (il progetto nel vostro caso).
Il miglio in più, il lampo che vi e sempre mancato nel condurre i vostri progetti, pur se portati a termine nei tempi e costi previsti, forse in realtà era la mancanza di contributi diversi dal vostro: dove sarebbe ora il vostro progetto se aveste dato voce a quel collega Creativo che immaginava possibili connessioni per una futura opportunità aziendale?
Il progetto si sarebbe fermato se aveste parlato con calma a quella persona Emozionale, coinvolgendola, facendole vedere quante connessioni e relazioni avrebbe potuto creare partecipando attivamente al progetto?
Oppure quella svista, quella dimenticanza su una sfaccettatura del progetto che avevate sottovalutato, non si sarebbe verificata se aveste coinvolto fin da subito quel collega con i tratti da Organizzatore: sì, proprio quello che avevate trattato con sufficienza, considerandolo troppo pignolo, a tratti seccante nella sua ricerca ossessiva della precisione.
Perché leggerlo
Potreste confondere il contributo di libro al vostro lavoro con quello di un bestseller della cultura manageriale: “Sei cappelli per pensare” di Edward De Bono, che parimenti instilla il dubbio della “diversità” per uscire dai paradigmi delle proprie impostazioni mentali. Il libro di Hermann, in più, vi insegna il metodo da applicare in ogni brainstorming aziendale: vi farà riflettere su chi siete, chi sono gli altri e perché si comportano in modo cosi ostinatamente diverso dal vostro!
Questo libro può diventare parte di un percorso di autocomprensione per capire chi siete e cosa vi piace fare veramente; che in veste di Project Manager siete come un piccolo CEO, che ha bisogno di stimolare e di avere il contributo di tutti per avere successo.
Vi insegnerà ad agire come un direttore d’orchestra: a dirigere differenti strumenti, tempi, culture e menti per creare una sinfonia impeccabile senza che il vostro pubblico (cliente) si accorga dello sforzo necessario.
In pratica, il manuale aiuta il project manager nella sua più delicata competenza, la managerialità in senso allargato: un “saper fare” che si esprime ai massimi livelli solo se completato dal “saper essere“. Il suo compito è infatti gestire progetti, portarli a termine nei tempi e costi prestabiliti, ma amalgamando attorno all’obiettivo una squadra di professionisti: oltre alla componente operativa (metodo di tracciamento costi, avanzamento progetto e tecniche di reporting), dunque, bisogna curare anche quella della gestione tecnica di procedure e flussi e persone.
Nonostante certificazioni, metodologie e know-how, il buon esito di un progetto dipende soprattutto dalla corretta applicazione di quel mix di comportamenti, atteggiamenti e visioni che vanno necessariamente condivise tra coordinatore e team. Le competenze professionali potrebbero non bastare, dunque: non si tratta di applicare la razionalità cartesiana al nostro progetto e fare in modo che le persone coinvolte si adeguino! Si tratta piuttosto di persone che, con atteggiamenti mentali, predisposizioni e preferenze, possono fare il successo o l’insuccesso del progetto al quale lavorate.
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Marco Lucarelli: manager di progetto in una multinazionale TLC, è anche autore del blog Letture per manager.