I grandi leader della storia (Ghandi, Martin Luter King, ecc.) hanno ispirato milioni di persone ma il loro esempio può essere fuorviante: il 99% di quelli odierni, infatti, non sta a capo di un’organizzazione ma nel suo bel mezzo. Non serve essere “il” capo per guidare gli altri ed essere influenti ad ogni livello; nel libro di J. Maxwell The 360° Leader troviamo suggerimenti, chiari ed esaurienti, per una leadership totale (=>scopri le strategie di leadership).
Luoghi comuni da sfatare
- “Non posso essere un leader se non arrivo in alto”; la vera leadership sta nella capacità di influenzare gli altri: pochi ci seguiranno per “dovere”, alcuni per le buone relazioni, molti di più per ciò abbiamo realizzato, tanti di più per ciò che abbiamo fatto per loro, ma tutti ci seguiranno se ciò che siamo e rappresentiamo è un “valore”;
- “quando arriverò in cima, imparerò come si guidano gli altri”; ma la leadership la si costruisce strada facendo, ed è un processo che non ha fine;
- “quando avrò una posizione elevata, le persone mi seguiranno”; si dà al “titolo” un potere magico che non ha: l’influenza sugli altri bisogna guadagnarsela;
- “quando sarò sul gradino più alto, saprò gestire ogni cosa”; è il sopravvalutare le proprie capacità nell’ambire ad una promozione: l’esperienza che serve va fatta prima;
- “quando sarò in cima, non avrò più limiti”; è vero il contrario: all’aumento delle responsabilità aumentano i doveri, e spesso l’autorità che si riceve non è sufficiente a farvi fronte;
- “svilupperò il mio potenziale quando sarò sul gradino più alto”; se così fosse ben pochi si realizzerebbero, sono invece tantissime le persone di successo che non sono un “numero uno”: le proprie potenzialità possono realizzarsi ovunque;
- “se non posso arrivare in cima, allora è inutile impegnarsi”; ma ognuno può con la propria leadership “fare la differenza” ovunque nell’organizzazione, senza esserne il CEO.
Sfide per leader in posizioni intermedie
- Il limitato potere: essere leader nonostante le restrizioni imposte dall’alto significa capire l’effettiva autorità che ci viene data e quali sono i suoi confini; si deve avere iniziativa, pur entro tali confini, capire l’ambiente in cui si opera, conoscere i propri compiti, e abituarsi all’idea che gran parte dell’apprezzamento per il successo dell’organizzazione andrà, ahimé, a chi sta sopra di noi; per non limitarsi a “sopravvivere”, è necessario bilanciare le nostre aspettative con ciò che ci viene richiesto, distinguere cosa è di nostra competenza e cosa non lo è, non abusare dell’autorità che ci viene data, e cercare di non minare quella del nostro capo; è inoltre importante contenere lo stress;
- seguire un leader inefficace (l’insicuro, il privo di ideali, l’incompetente, l’egoista, il camaleonte, l’ambizioso, il controllore): ci verrebbe voglia di cambiare reparto; va invece considerato che il ruolo di un leader intermedio è portare valore aggiunto al team, quindi anche al suo capo: va instaurata una relazione collaborativa, persino proponendosi (con tatto) per acquisire la gestione di quelle attività in cui lui stesso riconosce di essere carente; ma va apprezzato se ottiene dei successi;
- i ruoli multipli: chi sta alla base della piramide svolge in genere pochi compiti con un unico ruolo; chi sta in cima decide cosa fare, per farlo con eccellenza, ma sempre in un solo ruolo; i manager intermedi, invece, devono di continuo far fronte a numerose mutevoli priorità, con stretti limiti di tempo e risorse: ai vari ruoli, con responsabilità ed obiettivi diversi, va dato il giusto peso; flessibili ma coerenti con la propria personalità;
- il narcisismo; è normale ambire a dei riconoscimenti, ma è inevitabile per i leader intermedi rimanere spesso nell’ombra: è arduo in tali casi dare un contributo ed essere anche soddisfatti, ma è possibile se si dà più importanza alle responsabilità che ai sogni, se si apprezza il valore della propria posizione, se si sa gioire per i successi propri e del proprio team; solo ponendo gli obiettivi di team al di sopra di noi stessi questi possono essere raggiunti, ma quando ciò accade non passa inosservato;
- l’ambizione: un leader ama stare in prima linea, ma lì non ci sono solo rose e fiori; ciò che rende un incarico intermedio fonte di soddisfazioni è l’attitudine: lasciamoci prendere totalmente dal compito di guidare il nostro team e non avremo tempo per invidiare chi sta sopra di noi; la vera leadership sta nel ritenere il successo una vittoria di squadra, non individuale;
- gestire piani ideati da altri: realizzare la propria visione è un privilegio che spetta al CEO, o top leader, ma il nostro atteggiamento verso di essa può essere vario: la si può attaccare, criticare, non capire, non conoscere, considerare inutile, ignorare, abbandonare, adattare; ma solo se ci identifichiamo con essa, se la facciamo nostra, se le aggiungiamo valore, facendola diventare realtà, ne otterremo soddisfazione;
- capacità di influenzare: se il nostro esempio e le nostre direttive non vengono seguiti senza riserve, o la nostra posizione non è adeguata, o non siamo abbastanza influenti; dobbiamo diventare quel leader che sa prendersi cura degli altri, nel quale si crede, che ha carattere, che si rispetta, che è competente, che è affidabile, che si ammira, che ha senso del dovere.