In diverse occasioni su PMI.it abbiamo avuto modo di confrontarci su temi riguardanti l’organizzazione e le risorse aziendali, oggi vogliamo farlo soffermandoci su un aspetto in particolare: le competenze (=>scopri e-Competence). Comunemente si ritiene persona competente l’individuo qualificato a svolgere determinate mansioni, ma in questo non basta: il termine – che deriva dal latino competere (cum e petere “chiedere, dirigersi a”) – ha anche una chiara accezione dinamica, definendo un moto mirato ad un obiettivo comune, implicando quindi una relazione tra capacità e contesto. R. Boyatzis definisce la competenza “caratteristica intrinseca di un individuo e causalmente collegata ad una performance efficace o superiore nella mansione”. In pratica evidenzia una relazione di causa/effetto tra una caratteristica distintiva di un individuo (combinazione di motivazioni, personalità, consapevolezza di sé, conoscenze tecniche, capacità cognitive e comportamentali …) e la sua potenziale performance in una mansione definita. G. Le Boterf la ritiene “un insieme, riconosciuto e provato, delle rappresentazioni, conoscenze, capacità e comportamenti mobilizzati e combinati in maniera pertinente in un contesto dato”. In pratica, tutto l’insieme di esperienze e caratteristiche intrinseche diventano competenza solo se utilizzate in condizioni specifiche. Entrambi concordano col definirla come la capacità di combinare risorse proprie e diverse in funzione di situazioni esterne (=>leggi come incrementare il rendimento delle HR). A partire da ciò possiamo fissare dei punti fermi sulle competenze:
- Sono entità di natura dinamica: indicano una combinazione ed un “movimento” delle risorse verso un obiettivo;
- Sono meta-risorse: più raffinate e complesse, frutto della combinazione di altre risorse caratterizzanti l’individualità;
- Sono risorse di sintesi: nella loro complessità possono abbracciare categorie diverse;
- Hanno caratteristica relazionale: in quanto frutto di esperienze e rivolte all’esterno;
- Sono una caratteristica intrinseca ed individuale;
- Dipendono dal contesto e sono misurabili: in ambito professionale, questo approccio permette di valutare, anche se indirettamente, in funzione delle performance ottenute da chi le detiene le competenze e di orientarne lo sviluppo.
- Sono indipendenti dal contesto e dal livello di prestazione ottenibile nel campo dell’orientamento, per individuare competenze potenziali.
Applicazioni pratiche
Lo studio delle competenze è nato negli anni ’70, grazie a D. Mc Clelland e al suo lavoro per gli enti governativi USA a partire dalla scarsa correlazione tra risultati dei test e performance sul lavoro. I vari approfondimenti sulle dinamiche di sviluppo e utilizzo delle competenze hanno col tempo dato origine a tutta una serie di applicazioni pratiche:
- La Selezione: è stato il campo d’origine delle analisi di competenza, ed è tuttora, uno dei campi dove i modelli di analisi delle competenze trova le maggiori applicazioni. Definire ed individuare l’insieme di risorse, psicologiche e tecniche, che possono rendere una persona valida in un determinato contesto, aiuta a ridurre gli errori di valutazione.
- Sviluppo professionale: lo studio delle competenze, può aiutare a costruire le basi, concrete ed oggettive, per l’orientamento e la formazione delle persone in funzione delle competenze proprie e/o di quelle utili a coprire un determinato ruolo.
- La formazione: indirizzando i lavoratori direttamente verso esperienze funzionali alla loro crescita.
- Analisi delle performance: il benchmarking con figure tipo, consente di oggettivare le valutazioni.
- Incentivi: legati all’analisi delle performance, sistemi di incentivo basati sulle competenze, possono risultare più equi di quelli basati sul livello gerarchico.
Se da un lato sono uno strumento di valutazione, dall’altro la loro misura può essere usata come metro personale per tarare e sviluppare le nostre scelte professionali e formative con maggiore consapevolezza.