L’impatto di ogni risorsa in azienda è difficilmente quantificabile perché legato a competenze, capacità, attitudini, temperamento, gestione dei rapporti sociali e relazionali: tutte variabili che mutano in funzione del ruolo svolto. Dunque, come possiamo misurarne l’apporto?
Misurazione del rendimento
Se è vero che il peso sul risultato aziendale non è misurabile in funzione delle sole competenze se si svolgono ruoli ad alto contributo di creatività o di comunicazione con gli altri, c’è da dire che nei diversi ambiti della gestione (operation e project management) la risorsa viene gestita secondo l’unità di misura standard ora/uomo su cui basare preventivi e misurare il rendimento di una persona o di una squadra.
Il problema è a questo punto trovare una relazione tra caratteristiche personali e rendimento d’azienda.A tale proposito, tempo fa mi è stata girato questo grafico che con ironia affronta la questione.
Provate ad immaginare una rappresentazione del rendimento aziendale misurato in funzione della motivazione dei collaboratori, penso stiate immaginando una curva simile:
Motivazione e prestazione
Siamo tutti consapevoli che esistano fattori che fungono da moltiplicatore delle capacità personali, in genere ricollegabili alla capacità dei manager di rendere condivisa l’identità aziendale. Ciò che ci interessa, ai fini pratici, è misurare l’influenza della motivazione sulla prestazione, ossia l’insieme di forze che a livello individuale sostengono la condotta lavorativa, influenzandone la direzione (le attività), l’intensità (sforzo lavorativo), la persistenza (di fronte agli ostacoli).
=> Cme accrescere la motivazione delle Risorse Umane
Soprattutto nelle situazioni di coordinamento di gruppi di lavoro, conoscere quali fattori possono incrementare la produttività personale e di gruppo diventa un elemento critico di successo. La mancanza di motivazione è infatti un fenomeno che interessa fino al il 70% dei lavoratori, un dato scoraggiante aggravato dal senso di precarietà generato dalla crisi.
Fattori demotivanti: sfera personale, lavorativa (mancata promozione, benefit concesso a un collega, inserimento di una nuova risorsa in un ruolo simile, cambio di mansione o di orari…), aziendale (percezione della solidità aziendale e/o dell’interesse verso i lavoratori…). Inoltre, un clima di incertezza economico-sociale, un rapporto di scarsa fiducia con i superiori o l’incapacità ad identificarsi in un sistema organizzativo rappresentano un forte peso sulla motivazione. Per finire, i fenomeni odierni di razionalizzazione e standardizzazione del lavoro, spersonalizzandolo. ne hanno ridotto la capacità “appagante”.
Come si interviene: riducendo l’impatto delle caratteristiche demotivanti, che possono provocare resistenza o angoscia; facendo leva su quelle motivanti creando un clima di fiducia e serenità che aiuti ad attutirne l’effetto.
Attenzione però: è necessario interessarsi sinceramente del subordinato o collaboratore, e dimostrarglielo a partire dai piccoli gesti quotidiani, dando tempo alle persone e disinnescando le bombe del fraintendimento e delle false aspettative.
=> Come stimolare la motivazione
Obiettivo, stimolare la soddisfazione lavorativa in tutte le sue dimensioni: valori personali connessi al lavoro, importanza attribuita al lavoro, percezione.
Come incrementare il rendimento
Come si combatte questa demotivazione? E’ Elton Mayo a darci un’indicazione di merito: “Se il dipendente può aspettarsi dalla partecipazione alla vita dell’azienda la soddisfazione di alcuni suoi bisogni emotivi, può sentirsi anche moralmente partecipe e impegnato nello sforzo aziendale. Da parte sua l’azienda può aspettarsi un grado maggiore di lealtà, di impegno e di identificazione con gli scopi organizzativi”.
=>Come aumentare la produttività con il benessere
Molteplici teorie tentano di risolvere il problema dell’integrazione tra individuo e organizzazione: per Taylor la situazione lavorativa soddisfacente è quella in cui si può guadagnare dignitosamente con sforzi minimi; per Mayo il legame motivazione/salario va sostituito o integrato con la consapevolezza dell’importanza delle relazioni sociali perché è dal confronto con gli altri che si definisce la propria identità. Sullo sviluppo della leva motivazionale si è scritto molto. Le principali teorie si distinguono in:
- teorie del contenuto ( Maslow, McClelland, Herzberg…): secondo queste teorie è giusto sposare le analisi motivazionali dall’organizzazione al lavoro in sé…
- teorie del processo (George, Wroom, Porter…): orientati all’analisi delle relazioni tra bisogni e comportamento organizzativo, analizzando, e cercando di decifrare o prevedere, gli esiti della relazione individuo/organizzazione.
Per spiegare come mai non includiamo anche il denaro tra gli stimoli al rendimento, citiamo un esperimento condotto dal giornalista Daniel Pink su alcuni studenti del MIT: assegnando loro compiti specifici e incentivandoli al risultato col sistema “se fai meglio ti pago di più”, è riuscito a dimostrare che per i compiti meccanici gli incentivi funzionano, mentre per i compiti con requisiti di alte capacità cognitive lo stimolo del denaro era controproducente.
Il rendimento delle persone è dunque determinato da diversi fattori, spesso estranei alla sfera economica: in alcuni contesti, il benessere dei lavoratori è la più grande risorsa dell’azienda.