La crisi di questi anni è stata dura, soprattutto per le PMI. Molte le fabbriche chiuse o delocalizzate per abbattere i costi a fronte di fatturati sempre più ridotti. Secondo una ricerca della Cgia, l’Associazione Artigiane e Piccole Imprese di Mestre, la contrazione dei consumi e la crescente delocalizzazione registrata tra il 2000 e il 2010 (+65%) ha portato a una perdita stimata di 40 mila posti di lavoro, soltanto nel Triveneto. Alcune medie imprese, però, da questa crisi ne sono uscite rafforzate, hanno conquistato nuovi clienti e aumentato il loro fatturato.
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Come? Agendo sui seguenti punti chiave:
- Ricerca di nuovi mercati per evitare l’eccessiva dipendenza da quello locale.
- Innovazione di prodotto a arricchimento dell’offerta verso i clienti.
- Miglioramento e cura diretta delle relazioni verso i propri clienti.
La storia di queste aziende di successo è raccontata da Salvatore Garbellano, docente del Politecnico di Torino, nel libro “Come le medie imprese di successo hanno superato la crisi” (Franco Angeli). Una storia che spiega come queste imprese abbiano prestato meno attenzione a speculazioni finanziarie, taglio costi e personale e più agli investimenti in progettazione, produzione e design.
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Imprese che hanno curato l’organizzazione interna rafforzando il lavoro di squadra tra team commerciali, R&S e produzione. Questo, per offrire soluzioni personalizzate, chiavi in mano e di qualità sempre più elevata. grazie anche alla vicinanza con il cliente sul territorio. Infatti, altra caratteristica di queste aziende è stata di non spostare la produzione fuori Italia. Anzi, la produzione dentro i confini nazionali è stata rafforzata per garantire qualità, prodotti ritagliati su misura, tempi di consegna garantiti.
Manifattura
Queste aziende si sono mosse in controtendenza. Sono tornate a produrre in Italia, perlomeno prodotti di alta gamma a elevato contenuto tecnologico e di design. Lasciando alle fabbriche delocalizzate il compito di produrre prodotti a basso valore aggiunto. I dati parlano chiaro: negli ultimi 5 anni si sono registrate almeno 79 operazioni di ritorno delle fabbriche in Italia, principalmente nel settore moda e calzature.
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Tra le motivazioni che hanno spinto a riportare in Italia le produzioni esternalizzate vi sono vantaggi in termini di logistica (25%), qualità dei prodotti made in Italy (21,9%), riduzione dei differenziali del costo del lavoro (19,7%), bassa qualità nei luoghi di delocalizzazione (19,7%), ritardi nelle consegne (18,9%), migliore servizio alla clientela (17,8%). Non ultimo, la perdita di valore dell’Euro nei confronti del Dollaro.
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Soprattutto la tempestività del servizio al cliente sembra essere il differenziale per queste scelte: i clienti non sono più disposti ad aspettare. Vogliono prodotti meno standardizzati e just-in-time, esattamente quando serve. Non è possibile aspettare che il prodotto venga prodotto, caricato, trasportato e consegnato dalla Cina via container.
È ancora presto per parlare di vera e propria inversione di tendenza ma di sicuro possiamo affermare che il made in Italy è ancora forte e la storia di queste aziende lo testimonia.
Per approfondimenti: Come le medie imprese di successo hanno superato la crisi