La social organization si basa sull’intelligenza collaborativa per traghettare le aziende verso una gestione flessibile rispetto alle esigenze e sfide di mercato, con un rinnovamento per essere più reattive. In questa visione strategica è essenziale il ruolo delle risorse umane, catalizzatrici del cambiamento. Pensare all’attività delle HR in azienda solo in termini di recruiting e gestione dipendenti è limitativo perché ne trascura le potenzialità in termini di contributo agli obiettivi di business dell’azienda.
Un dialogo permanente con tutti gli stakeholder interni ed esterni consente invece alle HR di supportare l’impresa nella sua trasformazione strategica verso la social organization.
Il ruolo delle HR
In questa ottica, la direzione HR deve contribuire a creare un ambiente abilitante per l’emersione e la proattività degli agenti del cambiamento, siano essi giovani talenti o esperti knowledge owner. Lo sostiene Marco Minghetti nel suo libro sui concetti fondanti dello Humanistic Management e dell’organizzazione collaborativa come strumenti di evoluzione aziendale grazie al contributo dei dipendenti.
Perché si crei la giusta spinta verso il lavoro collaborativo (e non più solo esecutivo) è necessario istituire modelli di competenze e sistemi premianti che valorizzino il contributo di ognuno. In teoria sembra tutto semplice, ma nella prassi Minghetti ha evidenziato alcuni ostacoli alla trasformazione in azienda adattiva, riscontrando tre grandi resistenze di fondo:
- gerarchia: l’organizzazione per livelli garantisce posizioni di rilievo a pochi eletti, mentre quella sociale sembra appiattirli. Ma poiché l’obiettivo non è il comando ma la cooperazione, la social collaboration può favorire il passaggio dal modello gerarchico (frammentazione delle attività e controllo) a collaborativo (contributo delle persone e partecipazione).
- paura: molti manager vedono nei social media una minaccia per la produttività, il capitale intellettuale, la privacy, il comando e controllo, la conformità normativa. Piuttosto che vietarne l’uso, tuttavia, potrebbero operare una analisi ragionata delle tipologie che meglio supportano i processi di business e liberalizzare soltanto quelli, passando dal modello “command & control” a “sense & respond”.
- fossilizzazione: la resistenza al cambiamento nel modo di lavorare è una reazione empirica riscontrabile in quelle aziende in cui ci si sente pagati “per lavorare e non per pensare”.
Organizzazione adattiva
L’attuazione dello Humanistic Management ruota attorno a sperimentazione e apprendimento, trasparenza e apertura, autonomia e fiducia. Si esalta l’apporto di ogni individuo e la sua autoespressione, perché le persone lavorano meglio dove possono costruire qualcosa di nuovo e dove accoglienza e serenità siano garantite. Per migrare al nuovo modello occorre, secondo Minghetti:
- creazione del valore: è fondamentale promuovere la collaborazione all’interno ed esterno dell’azienda, con tutti gli stakeholder, in opposizione al flusso top-down della catena del valore;
- apertura: servono apertura mentale e autoanalisi (trasparenza, condivisione di informazioni, opinioni ed esperienze con clienti, partner, dipendenti, fornitori, comunità locali, associazioni, fondazioni) coniugate alla capacità di trovare continuamente soluzioni originali.
- autonomia: per lavorare bene e prendere decisioni tempestive quando opportuno è bene consentire un uso esteso di Web e Social Media, con la libertà di connettersi, creare e scegliere, per trovare così le migliori risposte alle sfide di mercato.
Tutto questo rappresenta un’indiscussa spinta motivazionale, che si tradurrà in beneficio sostanziale per l’azienda stessa. Soprattutto laddove prima si era abituati a trattenere le informazioni a scapito degli altri e a delegare lo stretto indispensabile per sfiducia (immotivata) verso i collaboratori.