E’ un trend che si sta consolidando da qualche anno, nato dall’esigenza delle imprese di ottimizzare la propria posizione finanziaria e l’attivo in bilancio, e che ora sta diventando un nuovo modello di business: il Renting prevede un contratto di utilizzo invece che l’acquisto di un bene e, secondo Monitor Deloitte, è un’opportunità in particolare per le PMI. E’ una strategia «efficiente per crescere, tenendo sotto controllo la leva finanziaria», sottolinea Manuel Pincetti, Partner Monitor Deloitte, rispondendo «all’esigenza di far fronte ai nuovi tempi di vita dei macchinari, che si accorciano», e andando «incontro alle abitudini di consumo dei clienti finali». Se un’impresa deve soddisfare clienti che vogliono un servizio più che un prodotto, «deve adeguare la catena del valore rappresentando questa flessibilità». Quindi, all’esigenza finanziaria si somma una considerazione di mercato, che consente di rispondere alla nuova tipologia della domanda.
In generale, secondo il report Monitor Deloitte, “Renting in Italy – A Key to SMEs Reboot, post Covid-19“, il renting, o servitization, rappresenta una valida opportunità in questa fase di post pandemia, consentendo alle imprese di pianificare la ripresa e sostenere la crescita, riducendo il rischio legato agli investimenti. Ed è un mercato visto in crescita.
In alcuni contesti, come ad esempio la manifattura pesante, è la scelta più naturale essendo difficile rinnovare il parco macchine comprando mezzi con ammortamenti lunghi e costosi, mentre può risultare efficiente un modello di business con macchine a consumo. Il modello è il seguente: non compro il macchinario ma ne acquisto l’utilizzo abbinato a determinati servizi (manutenzione, aggiornamento e via dicendo). Il settore è visto in sviluppo nei prossimi anni, e il segmento del renting di macchinari è destinato a crescere fra l’8 e il 10% al 2023 e fra il 15 e il 25% al 2030.
Esistono naturalmente delle considerazioni che ogni azienda deve fare in relazione alle proprie esigenze, alla tipologia di beni che acquista, alla portata strategica dei propri asset. Le variabili fondamentali, secondo Pincetti, sono la «strategicità dell’asset per l’azienda, il settore di riferimento e il tempo di vita utile di quell’asset. Se il bene è strategico, e ha un tempo di vita lungo, il noleggio non è la forma migliore. Perché probabilmente per l’impresa è più conveniente avere l’asset in bilancio», individuando sul mercato formule con benefici di costo finanziario come il leasing ed il credito). Dovendo fornire parametri di riferimento, per capire dove è più efficace uno strumento rispetto all’altro:
quando un asset supera i quattro anni di vita, il leasing finanziario è meglio rispetto al noleggio.
Facciamo un esempio concreto, un hotel-ristorante di lusso. Visto il segmento in cui opera, dovrà prevedibilmente rinnovare spesso gli arredi o la cucina. Può essere conveniente il renting, perché parliamo di beni che per l’esperienza di consumo sono strategici ma risultano inefficienti perché hanno un ciclo di vita basso. Fra l’altro, può anche essere una chiave di rilancio per le imprese del turismo, in un momento di crisi post Covid in cui è più difficile trovare finanziamenti.
Infine, esiste una correlazione fra questo trend e le pratiche ESG di sostenibilità ambientale, sociale e di governance. «Il renting – spiega Pincetti – allunga il tempo di vita dell’asset. Quando un bene diventa un’obsoleto, l’azienda può sempre venderlo, ma farà fatica a immetterlo su un mercato secondario. «Le società di renting, invece, hanno questo come mandato, nel senso che fanno ricavi sul valore residuo connaturato nella seguente dinamica: dare il bene in gestione, riprenderlo, ammodernarlo, ricollocarlo». In questo senso, «si favorisce la re-immissione sul mercato, abbassando lo spreco». E’ la logica del riutilizzo, del riuso. C’è anche un impatto positivo sul fronte sostenibilità sociale, perchè viene stimolato «il re-impiego di asset verso mercati diversi dall’alta qualità: il primo ciclo di vita del bene ha ripagato il valore, e «posso riproporre il bene per un diverso segmento di mercato».