La gestione di un’emergenza come quella che stiamo vivendo è estremamente complessa, anche per via delle implicazioni sociali ed economiche che il Coronavirus inevitabilmente comporta. La gestione dei rischi e della comunicazione è di fondamentale importanza per un successo rapido e a basso costo, che richiede la collaborazione di tutti.
Abbiamo intervistato Giovanni Bonini, consulente e Temporary Manager specializzato nella gestione dei progetti. Ecco che cosa ci ha detto.
Quali gli aspetti salienti dell’emergenza Coronavirus?
La novità è il contesto sistemico in cui è emerso questo nuovo virus, un mondo globalizzato nel quale un patogeno può andare da un Continente all’altro in poche ore. Abbiamo abbattuto le barriere e creato forti interdipendenze, che sono alla base di un sistema estremamente complesso, ma fragile. Dobbiamo evitare il collasso causato da un effetto domino e l’interruzione dei servizi essenziali.
C’era qualcosa che si poteva fare e non è stato fatto?
A questo punto, non importa. Benjamin Franklin diceva: “Se non si pianifica, si è destinati a fallire”. Alla base del Project Management, c’è il ciclo Pianifica → Esegui → Controlla → Agisci. Adesso, c’è un problema da risolvere, una situazione che dobbiamo gestire, non subire. Per farlo, non dobbiamo perdere la testa. Sicuramente, quando il problema sarà stato risolto, avremo appreso una lezione utile per il futuro. Se fossimo stati tutti vaccinati contro l’influenza stagionale, per esempio, forse sarebbe già stato più facile circoscrivere i focolai.
Che dire della comunicazione?
La confusione, figlia di una comunicazione imperfetta, alimenta la paura, che poi sfocia nel panico. Un principio basilare dovrebbe essere quello di un’unica fonte di informazione ufficiale, con comunicazioni chiare, concise, semplici e facilmente comprensibili.
Che si parli con gli anziani poco avvezzi al linguaggio scientifico o con gli operatori delle borse mondiali. La Scienza ha il suo linguaggio ed è giusto che sia così, ma la comunicazione della Scienza non è una banalità e molti progetti falliscono proprio a causa di una cattiva comunicazione.
Siamo tempestati da una miriade di notizie a volte contraddittorie, provenienti da fonti non sempre verificate o verificabili. Tutto ciò riduce la fiducia e alimenta le nostre incertezze e paure. Internet e i Social Network hanno fatto il resto, visto che condividere è molto più semplice e veloce che riflettere sulle possibili conseguenze. È circolato di tutto: tanto, anzi troppo. Quante volte sentiamo dire: “L’ho letto in Internet”. Quasi fosse la Bibbia. Ma una notizia, bella o brutta, vale tanto quanto la fonte da cui proviene.
C’è d’aver paura?
La salute è più importante di qualsiasi altra cosa ma, se vogliamo tutelarla meglio, non dobbiamo permettere alle nostre angosce d’impattare in modo eccessivo sull’economia. Il panico non aiuta. L’importante è attenersi alle semplici regole e istruzioni diffuse in questi giorni, molte delle quali, come il lavarsi le mani (evitando di portarle, sporche, alla bocca, al naso o agli occhi), sono tutte sane abitudini da adottare a prescindere dall’emergenza in atto.
Ce la faremo?
Dipende da noi: abbiamo tutti gli strumenti per farcela, anche se non dobbiamo sottovalutare le insidie legate alla malattia. È importante collaborare il più possibile, a ogni livello, cercando di proteggere tutti gli altri, in particolare il personale sanitario, che è il più esposto. Se si chiudono gli ospedali, sono a rischio le urgenze e non si eseguono gli interventi chirurgici. Se mancano i farmaci, perché nessuno li produce o distribuisce, non si curano i malati. Cerchiamo, quindi, di non ammalarci, evitando di contagiare gli altri. Ciascuno deve fare la sua parte, continuando a lavorare nel rispetto delle disposizioni fornite dalle Autorità competenti. Collaboriamo tutti senza polemiche e ne usciremo.
Qual è la risorsa critica?
Il limitato numero di posti in terapia intensiva. Ecco perché è importante monitorare la percentuale di pazienti che richiedono un’ospedalizzazione importante, come pure i tempi medi di permanenza in terapia intensiva. Si tratta di un vero e proprio collo di bottiglia, un vincolo che va rilassato giocando d’anticipo. Ecco perché dobbiamo prestare la massima attenzione non solo a non ammalarci, ma anche e soprattutto a non far ammalare gli altri. I sacrifici, purtroppo, sono necessari e altri Paesi ne hanno fatti alcuni notevolissimi.
Ricordo anche che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha da poco rilasciato la versione 1.4 delle linee guida per preparare i posti di lavoro all’arrivo del virus.
Quali le possibili linee di azione?
Le riassumo per punti.
- Seguire un approccio multidisciplinare nella gestione dell’emergenza, che non è nazionale, ma planetaria. Siamo in guerra contro un nemico veloce e invisibile;
- Identificare, potenziare e proteggere le risorse critiche (personale medico e paramedico, numero di posti in terapia intensiva, …), da allocare in maniera ottimale;
- Garantire in ogni caso la continuità dei servizi essenziali;
- Gestire la comunicazione in maniera ottimale;
- Proteggere anche gli altri, soprattutto i più deboli (per esempio: gli anziani non in buona salute);
- La paura è umana e ci rende vigili. Quindi, va bene. Però, non dobbiamo cedere al panico: dopo ogni tramonto, c’è sempre una nuova alba. Sicuramente, non sarà per tutti, sicché vorrei dedicare quest’intervista a coloro che non ce l’hanno fatta o non ce la faranno, a prescindere dall’età e dalle condizioni generali di salute: nessuno, infatti, deve essere dimenticato o lasciato indietro.