Servizi in outsourcing: un possibile scenario

di Ferdinando Cermelli

Pubblicato 18 Settembre 2009
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:36

Ci sono alcuni aspetti sui quali è necessario soffermarsi per vedere come l’attuale scenario economico e tecnologico influisca sulle metodologie operative adottate nelle organizzazioni aziendali.

Uno primo aspetto è che la tecnologia ormai consente di fornire servizi dall’elevato contenuto qualitativo in modo indipendente dalla localizzazione logistica di chi eroga il suddetto servizio.

Un secondo è che la crisi economica, anche se si vuole considerare la ripresa in atto, ha comportato una forte riduzione dei margini di guadagno da parte di chi commercializza i servizi.

Conseguentemente, accade sempre con maggiore frequenza che servizi che tradizionalmente erano erogati da fornitori europei, e quindi anche italiani oggi vengano trasferiti all’estero.

Negli scorsi anni era l’Irlanda mentre oggi sono i paesi dell’Est Europa o come l’India, che sono in grado di fornire manodopera, talvolta anche molto qualificata, a prezzi molto più bassi di quelli praticati laddove le norme sindacali ed il costo della vita fanno sentire il peso sulla tariffa oraria.

Il risultato è un continuo ridursi dei margini e, conseguentemente, una continua riduzione dei prezzi praticati dai professionisti per i quali non viene messa in discussione la capacità  né la competenza ma solo la tariffa.

In teoria, le “best practice” – ovvero il “modo corretto” di fare le cose – prevede che i clienti (customer) cerchino di utilizzare al meglio i fornitori, selezionandoli tra coloro che meglio rispondono alle strategie di business.
Questo porta i fornitori ad essere maggiormente competitivi per offrire servizi migliori… in teoria.

Ma in pratica come si traduce nell’attuale panorama questo dualismo tra clienti e fornitori? Proviamo ad immaginare la “mimica” della trattativa.

  • Il cliente riceve un’offerta economicamente vantaggiosa da un fornitore che opera all’estero.
  • Il cliente non vorrebbe cambiare l’attuale fornitore che gli offre un servizio qualitativamente valido.
  • Il cliente fa i suoi conti e chiede all’attuale fornitore una variazione sulla tariffa precedentemente pattuita.
  • Il fornitore fa i suoi conti e accetta/rifiuta la richiesta.

Se il fornitore rifiuta la richiesta avanzata dal cliente il contratto, nella migliore delle ipotesi, non verrà  rinnovato e tutti i collaboratori impiegati nel servizio dovranno essere ricollocati o (per i free-lance) estromessi.

Se il fornitore accetta i suoi margini si riducono e questo comporterà  delle ripercussioni:

  • aumenti e premi per i collaboratori che garantiscono l’alta qualità  del servizio tanto apprezzata dal cliente non potranno essere erogati.
  • inevitabile malcontento delle risorse che, in alcuni casi, cercano soluzioni lavorative alternative

Nel tentativo di mantenere i margini di guadagno e le promesse fatte ai collaboratori il fornitore tenterà  di sostituire il collaboratore più costoso con uno di minore impatto sul budget ma, inevitabilmente, anche di minore esperienza e questo influirà  sulla qualità  del servizio.

Nasce spontanea qualche domanda:

Fino a che punto si può ripetere questa spirale che porta alla continua contrazione di margini e professionalità ?
Ma si è poi sicuri che il fornitore che opera su mercati esteri sia effettivamente coerente con le aspettative del cliente?

Nei sistemi più “robusti”, ovvero con disponibilità  finanziarie e trend di mercato positivo, la risposta viene gestita introducendo nello scenario un ulteriore intermediario che riceve l’ordine dal fornitore e non lo eroga ma lo subappalta ad un’azienda terza facendosene garante.

In questo modo il cliente è “garantito” sotto certi aspetti in quanto è il subappaltatore che si fa carico di gestire l’eventuale turnover dei propri fornitori per mantenere la continuità  del servizio.

Ma naturalmente l’intermediario non opera “gratia et amore dei”.

A mio avviso questo scenario sembra portare ad una diffusione di un regime monopolista in cui la grande azienda diventa non fornitrice di servizi ma front-end verso il cliente finale e unico referente per i fornitori di servizi che “prima” si rivolgevano direttamente al cliente.

La filiera si allunga invece di contrarsi e mentre nell’immediato sono i free-lance e le piccole e medie aziende fornitrici di servizi ad essere colpite, alla fine chi ne farà  le spese sarà  soprattutto il cliente che non avrà  interlocutori ma solo un referente; quest’ultimo potrà  decidere ed imporre prezzi e politiche sulla base delle proprie esigenze e non per rispondere ai bisogni del cliente.

Quello che mi aspetto è che i costi che oggi si contraggono per le vigenti regole di mercato lieviteranno, quando il mercato sarà  smantellato e trasformato in un monopolio, magari apparentemente allargato, come accade oggi nel settore della Telecomunicazione o dell’Energia.