Si è da poco conclusa l’edizione 2009 di TechGarage. Abbiamo dunque rivolto qualche domanda a uno dei responsabili, Emanuele Tha, per capire come si sta evolvendo lo scenario.
Di fare business in Rete si parla molto, ma viene spesso considerato un settore di investimento dai guadagni troppo illusori, incerti e lontani nel tempo. Cosa consigliare a un giovane imprenditore che stia decidendo se investire in questo campo?
R: Noi incoraggiamo moltissimo i giovani, le idee più innovative e fresche provengono proprio da loro. Talvolta, ovviamente, i ragazzi propongono idee che presentano grosse innovazioni di prodotto, ma non hanno chiaro un modello di business che possa trasformare quel prodotto in un’azienda. In questo senso, anche senza investire direttamente, noi di dpixel (come attività di Seed Capital) gli diamo una grossa mano, riposizionandoli sul mercato e mettendoli in contatto con altre realtà già consolidate con cui stringere partnership o accordi di business development.
Cosa consiglio ad un imprenditore che vuole fare business sulla Rete?
Personalmente tre cose: La prima è quella di pensare ad un’idea scalabile, ossia che non punti al mercato italiano ma a quello worldwide, o ancora meglio a quello europeo, che su alcuni segmenti è meno presidiato rispetto a quello americano. Un buon modello è rappresentato dalle start-up di origine israeliana, che producono il proprio prodotto in casa per poi dirigerlo verso grandi mercati, solitamente quello statunitense, andando a cercare poi i soldi negli Usa, in uno di quegli incubatori ormai diventati famosi come Plugandplay o Ycombinator.
La seconda cosa è studiare un modello di business che non sia semplicemente la pubblicità online, ma che magari introduca nuove forme legate all’e-commerce di servizi. Qui si aprono nuovi e grandi opportunità , che vanno dalla sottoscrizione di account premium fino ad accordi di revenue sharing sul venduto di beni fisici o virtuali.
In particolare, proprio il mondo dei “Virtual Goods”, sta aprendo un nuovo mercato, lanciato da società come Tacent; Gaia; Habbo, Playfish; Zinga.
Terza cosa, creare fin da subito un team completo ed omogeneo, basato su una o due persone con una forte base tecnica informatica, che siano il cuore tecnologico e di sviluppo del prodotto. Spesso, infatti, ci capita di incontrare imprenditori, che vogliono creare aziende sul web, che non hanno una componente tecnica nel team e si affidano per questo a strutture in outsorcing. Questa è la cosa più sbagliata, poiché il prodotto deve essere fatto in casa, cercando di eliminare i costi di sviluppo. Oltre alla/e persone tecniche serve nel team, un imprenditore o aspirante tale, con forti doti commerciali, che sia almeno all'inizio, il primo venditore dell'azienda e che sia in grado di negoziare accordi di business development e dirigere il business a diventare un azienda sostenibile.
Infine, consiglio, di partire sempre con un budget molto low-cost, condividendo il rischio con altre tre o quattro persone (fondatori) per sviluppare il prodotto, e poi interfacciarsi con strutture come fondi di Incubatori/Seed e Venture Capital. Infatti, anche se il web può sembrare un settore senza grandi barriere all'entrata, in realtà , ci sono e sono rappresentate dai capitali. Se avete anche una grande idea, e la sviluppate andando online, questa è il più delle volte replicabile, quindi se dall'altra parte dell'oceano c'è qualcuno che fa la stessa cosa, i capitali sono l'unica possibilità per poter ambire alla competizione.
Un altro luogo comune considera l’imprenditoria italiana perennemente indietro nel settore dei nuovi media e in generale dell’alfabetizzazione digitale. Potete smentire questa affermazione? Sta cambiando qualcosa nel tempo, anche alla luce della vostra esperienza pratica che avete avuto con i partecipanti?
R: Devo dire che da due anni a questa parte, ossia da quando è nata dpixel e abbiamo lanciato la prima edizione di Techgarage, come evento volto alla promozione delle start-up web italiane ed europee, di cose ne sono cambiate molte.
In primo luogo, anche solo fino ad un anno fa, le idee che ci venivano presentate erano quasi esclusivamente rivolte al mercato italiano, mentre ora sembra che anche in Italia, gli orizzonti si siano allargati. D'altronde creare un'azienda piccola o un'azienda grande determina comunque sempre un grande sforzo, tanto vale farlo per creare un'azienda grande.
Ma la vera rivoluzione è legata agli sviluppatori. Fino a poco tempo fa, il programmatore medio o lavorava in una grande azienda dove seguiva lo sviluppo del business aziendale oppure lavorava come freelance o aggregato in piccole web agency o software-house dedito allo sviluppo, a progetto, di applicativi web per conto terzi.
Ora, forse, anche a causa della crisi, che ha determinato un grosso calo degli ordini nei confronti delle web agency, queste ultime, cominciano a lanciarsi in progetti web proprietari sganciandosi dal vecchio modello. Ecco, vedete questa è la rivoluzione che fa veramente la differenza nello sviluppo tecnologico di un paese. In usa, gli sviluppatori, sono quasi esclusivamente votati a creare un prodotto web che poi sia in grado di diventare un'azienda nella quale saltare dentro con una quota e lavorare non solo sulla scorta del proprio salario, ma con l'intenzione dopo qualche anno di vendere l'azienda e monetizzare il lavoro svolto. Il passaggio è quello di far diventare il tecnico, o meglio il programmatore parte di un team di imprenditori seriali, in grado di creare un prodotto o una tecnologia nuova per poi trasformarle in un'azienda, venderla, e dedicarsi ad un nuovo progetto.
C’è un certo interesse, testimoniato anche dalla partecipazione di Telecom alla vostra iniziativa, dei “grandi nomi” nei confronti di quella micro-imprenditoria della Rete che viene definita, per l’appunto, garage economy. Questa è un’opportunità per i piccoli imprenditori?
R: Techgarage è una grande opportunità per tutti, non solo per le start-up. In un evento giunto alla sua 4 edizione in due anni di vita del progetto sono state presentate oltre 80 start-up, con l'intervento di tutti i fondi e gli investitori italiani e di molti venture stranieri. Devo dire che all'inizio erano un po’ tutti scettici sul fatto che in Italia, oltre alla pasta e al calcio, si potesse fare una cosa così avanzata e innovativa come già avviene a San Francisco (Techgarage 50) eppure ci siamo riusciti.
La partecipazione di grandi gruppi come Telecom, Adobe, Dada o Cisco, che ci hanno accompagnato in questi primi due anni di cammino, è il segnale che stiamo facendo un buon lavoro e anche i grandi gruppi hanno capito che da Techgarage, possono nascere aziende interessanti da comprare o sulle quali investire (vedi progetto Working Capital di Telecom).
Il progetto di Techgarage è quello di espandersi come evento per divenire punto di riferimento non solo in Italia ma anche in Europa. L’innovazione, infatti, segue sempre di più la globalizzazione, così può succedere che aziende nuove ed innovative possano nascere in paesi dai quali nessuno si aspetta qualcosa.
Il caso più celebre è forse quello Zemanta.com start-up nata in Slovenia l'anno scorso che ha ricevuto un investimento di 2.2 ml di dollari e ora rappresenta uno dei casi più celebri nel segmento dell'analisi semantica dei flussi d'informazione presenti sul web.
In conclusione, devo dire con orgoglio che Internet sta cambiando la vita delle persone e nei prossimi anni questo succederà in modo radicale, creando nuovi lavori che ora non esistono neanche e trasformando molte delle occupazioni lavorative che oggi ci sembrano inattaccabili. C’è tanto spazio per tutti, e nuove opportunità si aprono per chi ha un’idea e la forza e il coraggio di buttarsi. Il Web è ancora tutto da fare, e l’opportunità è aperta a tutti, non servono titoli di studio, o carriere alle spalle, referenze o raccomandazioni, ma solo l'intuito, la caparbietà e la volontà di essere innovatori in un paese di grandi imprenditori.