Essere leader: tra qualità  innate ed esperienza acquisita

di Stefano Besana

Pubblicato 27 Giugno 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:37

logo PMI+ logo PMI+

La leadership, e i numerosi studi su di essa focalizzati, hanno sempre rappresentato nella letteratura organizzativa un tema di molto interesse.
Tutti noi abbiamo sperimentato cosa significhi essere guidati da una figura carismatica forte, che sappia dirigere correttamente le istanze di un gruppo e concretizzare in maniera efficace ed efficiente gli obiettivi.

Ma come si diventa un buon leader? Come si conciliano le diverse esigenze del gruppo con gli obiettivi? Come possiamo diventare veramente efficaci sul campo? Cosa dobbiamo assolutamente tenere in considerazione?
Sono queste le domande che di solito saltano subito all’attenzione quando si parla di leadership.

I primi studi sulla leadership risalgono a qualche anno fa e furono condotti ad opera di Lippit e White che teorizzarono un primo modello che vedeva tre stili differenti di leadership basati sul comportamento:

  • Autoritario: uno stile basato sul “tu devi”, caratterizzato da una conduzione unilaterale e direttiva, che impedisce quindi la libera espressione dei singoli ma che guarda essenzialmente al risultato. Risulta particolarmente efficace nei tempi brevi, ma rischia di essere troppo invasivo e troppo poco tollerato dai collaboratori.
  • Democratico: delineato dai due studiosi come il migliore, si basava su un consenso condiviso, puntava alla discussione delle tematiche e negoziava sempre gli obiettivi.
  • Lascivo: permetteva ai sottoposti qualunque cosa, creando in questo modo un clima molto favorevole di lavoro e una condivisione molto forte.
    Manca però la capacità  di concretizzare l’obiettivo e di guidare realmente il gruppo nel suo complesso.

A che cosa servono questi tre modelli?
Ci servono per comprendere la questione centrale: non esiste uno stile di leadership o uno schema di comportamento prefissato che ci permetta di avere la soluzione giusta per ogni problema.

La psicologia sociale dimostra che il leader più efficace e più accettato all’interno del gruppo è quello che suscita un consenso “dal basso” che è attento sia alle istanze dei singole, sia agli obiettivi del gruppo.

L’attenzione al compito e alle emozioni è fondamentale.
Non esistono ricette prestabilite: mantenere l’attenzione costante e osservare ogni singolo fenomeno sono senza dubbio due ottimi punti di partenza per sviluppare le proprie qualità .

Non dimentichiamoci che il vero leader è quello che permette agli altri la massima espressione delle loro potenzialità , anche se queste – nello specifico settore – sono superiori alle sue.