Non è la prima volta che in questa sede trattiamo del delicato e controverso tema della formazione aziendale. Questo, a conferma di quanto sia importante e soprattutto attuale.
Leggevo in questi giorni un articolo di Franco Del Vecchio sul magazine di ALDAI che mette in evidenza l’importanza della formazione continua a livello manageriale.
Secondo il Premio Nobel per l’Economia Gary Becker, l’80% del valore di una impresa è generato dagli elementi che derivano dal capitale umano: cifre importanti , che ci permettono di lanciare una riflessione sul tema.
L’Italia, sembra ormai divenuto superfluo dirlo, occupa a livello europeo e mondiale gli ultimi posti per quanto riguarda la Formazione. Dati che parlano da soli, e che senza dubbio non possono non essere presi in considerazione: questo perché la formazione cambia così come cambia il mondo del lavoro. I paradigmi di cinquanta anni fa (ma anche quelli di solo dieci anni fa) non sono più adeguati: devono essere rinnovati.
Non per nulla, Kenichi Ohmae propone di rivisitare del tutto le modalità che hanno caratterizzato la formazione nel (e del) passato.
Non si tratta più di insegnare dogmi o come svolgere un compito. Non si tratta nemmeno di organizzare in scale gerarchiche i processi o di guidare il ragionamento, non si tratta di diffondere una conoscenza.
Si tratta piuttosto di sviluppare dei talenti, di approcciare problemi in modo creativo e laterale, di cambiare rapidamente l’accesso alle fonti, di usare differenti codici, di apprendere sempre e in ogni luogo.
Questi temi vanno tenuti in forte considerazione. Non facendolo, le imprese italiane (piccole, medie o grandi che siano) rischiano di essere completamente escluse, non solo dal mercato economico mondiale, ma anche dalla crescita locale.
Come al solito, il mio consiglio resta sempre il medesimo: informarsi e rivolgersi sempre a seri e competenti professionisti del settore.