Empowerment è una parola di origine inglese e di difficile definizione, ma che risulta estremamente importante all’interno delle organizzazioni aziendali.
Wikipedia definisce l’Empowerment “Un processo di aumento della capacità degli individui o dei gruppi di compiere delle scelte e di trasformare quelle scelte nelle azioni e nei risultati voluti, per costruire i diversi beni collettivi e per migliorare l’efficienza e l’imparzialità del contesto organizzativo ed istituzionale che governa gli stessi”.
Un processo di rilevanza strategica, quindi: un individuo che passi da una condizione di disempowerment ad una di empowerment ottiene grossi benefici, passando dall’avere un indice di produttività basso – dall’essere meramente coinvolto nelle dinamiche aziendali e dall’essere un “lavoratore passivo” – ad avere invece un grosso controllo sulla propria vita, ad aumentare la propria assertività e ad essere realmente coinvolto nell’organizzazione.
Che cosa significa tutto questo? Significa che un’azienda che sviluppi un concetto del genere ha dalla sua ritorni sicuramente positivi. Gli individui sono motivati e affiatati, la loro partecipazione è attiva e fattiva, sono invogliati ad essere pro-attivi e non semplicemente reattivi. Questo comporta grossi vantaggi sia per loro sia per le aziende in cui individui in queste condizioni lavorano.
È un processo poco conosciuto, sopratutto a livello italiano, ma merita sicuramente di essere preso in considerazione. Il fenomeno dell’empowerment diviene fondamentale specie per quelle realtà no-profit, dove ci si trova a dover conciliare dinamiche non rivolte a scopi di lucro con la motivazione dei dipendenti.
Sono concetti seri che meritano di essere approfonditi e trattati con precisione, specie se la nostra azienda agisce in settori particolari della realtà sociale.
Come si concretizza? Esiste una Empowerment Agenda, sviluppata da Julian Rappaport che mette in evidenza quali siano i punti da considerare per lo sviluppo di questo processo e per la valorizzazione delle risorse umane.
Per questi ambiti – come in tutti quelli della formazione – è bene evitare il fai-da-te e rivolgersi sempre ai professionisti del caso.