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PMI italiane e invecchiamento dei lavoratori

di Carlo Lavalle

Pubblicato 28 Novembre 2013
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:36

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Gestire i processi relativi all’invecchiamento del personale: di questo si occupa l’Age Management, un aspetto gestionale emergente visto che nelle società  occidentali la fascia di popolazione più anziana tende ad aumentare. Nei prossimi anni in Europa la quota di 65enni è infatti destinata a raggiungere il 30%. Questo cambiamento demografico ha delle conseguenze sui sistemi di Welfare e sulla spesa pubblica (sanitaria), senza considerare i complessi risvolti economici di un proliferare di pensionati con diritto all’indennità  statale. Per questo, le istituzioni suggeriscono politiche di prolungamento della vita lavorativa. Ma quali effetti produce l’invecchiamento della forza lavoro sulle aziende e in particolare sulle PMI? Come viene e può essere gestito questo aspetto?

Due ricercatori dell’Università  di Ferrara, Domenico Berdicchia e Giovanni Masino, hanno svolto un’indagine intervistando diverse piccole e medie imprese italiane del Nord-Est per verificare come viene percepito il tema e come imprenditori e manager lo affrontano. Le aziende esaminate, con un fatturato sotto i 16 milioni di euro e operanti in settori tradizionali (tessile e calzaturiero), sono state selezionate perché utilizzano i lavoratori senior come traino competitivo (30% di impiegati over 50). I risultati della ricerca fanno emergere però anche un quadro critico. Molto spesso si adotta un approccio top-down senza il coinvolgimento dei senior: le azioni promosse dalle aziende hanno sempre un carattere adattivo, di risposta a problemi insorti, e mai preventivo. Manca una visione di insieme della questione e gli interventi sono sovente legati a esigenze contingenti e necessità  aziendali di breve periodo. Nelle pratiche aziendali non ci sono riferimenti a concetti come protezione, inclusione, inclusione, salute, rischi professionale ecc., tipici dei discorsi europei sull’active o positive ageing. Più in generale gli autori dell’indagine riscontrano limiti connessi a credenze e pregiudizi (deficit culturale) che configurano un ritardo nella comprensione delle strategie più mature dei responsabili delle risorse umane verso l’invecchiamento. E’ chiaro che, specialmente in una fase di crisi economica, non si può chiedere alla pmi di farsi carico di esigenze sociali più ampie dei dipendenti anziani. Sarebbe bene che ci fosse una collaborazione tra aziende e istituzioni per impostare meglio e in maniera integrata il problema progettando insieme politiche di gestione dell’età  per “promuovere la completa valorizzazione del contributo che i lavoratori senior possono offrire all’economia e alla società “.