Il 2013 dovrebbe concludersi con una timida ripresa economica, ma l’appuntamento con la crescita è rimandato: i dati di inizio anno sono ancora all’insegna della crisi.
Consumi in calo, mercato del lavoro in difficoltà, fiducia di imprese e famiglie al minimo, redditi insufficienti, difficoltà di risparmio: sono le principali evidenze dell’indicatore di Confcommercio e dei quaderni di economia e finanza di Bankitalia, dedicati a “Il risparmio e la ricchezza delle famiglie italiane durante la crisi” e “Le difficoltà di risparmio nelle valutazioni delle famiglie italiane“.
Vediamo il quadro economico di questo 2013.
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Consumi
Capitolo importante per le aziende che con le vendite devono far quadrare i conti. L’indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) registra a gennaio -2,4% in termini tendenziali ed una flessione dello 0,9% rispetto a dicembre. Non si esclude un ulteriore peggioramento: anche il 2013 sarà un anno duro per l’economia italiana.
- Produzione industriale in calo dello 0,2% a febbraio (indagine Confindustria), ordinativi in flessione dello 0,2%, dinamica della produzione negativa fino a primavera inoltrata, fiducia delle famiglie e delle imprese ai minimi.
- Lavoro: -97mila posti e 110mila nuovi disoccupati solo a a gennaio. Tasso di disoccupazione all’11,7%. Cassa integrazione: autorizzate a gennaio il 61,6% di ore in più rispetto allo stesso mese del 2012.
Dinamica dei consumi in questo contesto: in gennaio calo del 3,7% della domanda di servizi e del 2% della spesa per i beni. Fra i settori, si salvano quasi solo le comunicazioni (+5,7% rispetto al gennaio 2012).
Rileva Confcommercio, il permanere della crisi – che ha già modificato le abitudini di acquisto delle famiglie in termini di rapporto qualità/prezzo – sta comportando una generalizzata riduzione della domanda. Si teme inoltre l’effetto negativo sui consumi del previsto aumento IVA al 22% dal luglio 2013.
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Redditi e risparmio
Gli studi di Bankitalia mostrano due effetti della crisi difficili da coniugare fra loro: da una parte sale bruscamente e sensibilmente negli ultimi anni il numero di famiglie che ritiene importante risparmiare, per scopi precauzionali visto il periodo di crisi. Dall’altra c’è una oggettiva difficoltà a mettere via qualcosa, anzi è alto il numero di coloro che ritengono il proprio reddito insufficiente a coprire le spese mensili.
Il 65% delle famiglie italiane valutano il proprio reddito inferiore al necessario. L’indagine del quaderno Bankitalia abbraccia gli ultimi 20 anni: ebbene, nel 1990, questa percentuale era al 40%. I grafici mostrano come la forbice si allarghi particolarmente a partire dal 2006.
Il disagio è più elevato fra le famiglie con minor grado di scolarizzazione, che vivono in affitto, il cui capo famiglia è operaio oppure disoccupato, pensionato, impiegato a tempo parziale. Geograficamente, maggiori difficoltà nel meridione.
Dopo il 2007 la quota di famiglie che ritengono opportuno risparmiare è balzata sopra il 90%, dopo che da 15 anni (dal 1990 al 2006) era stabile intorno al 75%.
Si fotografa la percezione della crisi, la preoccupazione per il futuro, e la difficoltà di risparmiare. Le famiglie che ritengono di avere effettive possibilità di risparmio è intorno al 30%, mentre era sul 50% all’inizio degli anni novanta.
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Il confronto internazionale fornisce un quadro emblematico sul trend del risparmio e sulla sua correlazione con la situazione economica italiana. A metà degli anni ’90 la propensione al risparmio degli italiani era di gran lunga la più elevata d’Europa: c’era uno scarto del 5% sulla Germania). Poi, un parabola discendente, e oggi rispamriano più di noi non solo i tedeschi (che sono rimasti abbastanza stabili), ma anche i francesi e in generale la media dei cittadini di Eurolandia.