La crisi del risparmio gestito manifestatasi nel 2011 si conferma per anche per il 2012: la fuga dai fondi di investimento prosegue inarrestabile e le previsioni per l’anno in corso sono piene di incertezze e scarse garanzie per agli investitori.
I fondi continuano a soffrire parecchio la concorrenza di prodotti più sicuri come i conti deposito o i normali conti correnti.
Le turbolenze finanziarie degli ultimi mesi non hanno certo contribuito a dar fiducia ai risparmiatori, ma rivelano anche un serio problema per il settore del risparmio gestito: la scarsa preparazione del sistema finanziario italiano, con le banche (principali veicoli di collocamento di questi prodotti) ad essere le prime a lasciarli non valorizzati.
Disinvestimenti
I dati preliminari sul 2011 diffusi da Assogestioni: la raccolta si è chiusa con un saldo negativo pari a 41 miliardi. La fuga dai fondi è stata particolarmente nella seconda parte dell’anno, quando le tensioni relative alla crisi del debito europea hanno pesantemente iniziato a farsi sentire in Italia, provocando reazioni conseguenti da parte dei risparmiatori preoccupati di proteggere il capitale.
Basti pensare che nello scorso mese di agosto, pur essendo già negativo l’andamento del comparto del risparmio gestito, la perdita da inizio anno era di poco inferiore agli 8,4 miliardi. Una cifra inferiore al saldo negativo registrato nel solo mese di dicembre 2011, che presenta una pesante flessione di 9,5 miliardi. Quello dell’ultimo mese dell’anno il bilancio più pesante, e segue i già negativi andamenti dei mesi immediatamente precedenti: -8,4 miliardi in novembre, -5,7 in ottobre, -6,5 in settembre.
Dunque, i mesi che hanno visto lo spread, ovvero il differenziale dei tassi fra i titoli a lungo termine italiani e tedeschi, alle stelle, fotografia di un maggior rischio-Italia, hanno provocato reazioni notevoli da parte degli investitori e dei risparmiatori anche sul fronte del risparmio gestito.
2011 nero per fondi aperti e istituzionali
Alla fine dell’anno, in termini assoluti, il patrimonio dei fondi si attesta a 938 miliardi, dei quali 476 miliardi investiti in gestioni di portafoglio (51%) e 461 in gestioni collettive (49%). A dicembre, la perdita di 9,5 miliardi è attribuibile per 5,9 miliardi alle uscite dalle gestioni collettive e per 3,6 miliardi alla flessione delle gestioni di portafoglio.
Fra le gestioni collettive, male i fondi aperti, -6,5 miliardi (abbastanza in linea con il -6,2 già segnato a novembre), mentre l’unica nota leggermente positiva arriva dai fondi chiusi, la cui raccolta segna un attivo di 641 milioni (dopo il -42 mln di novembre).
Quanto alle gestioni di portafoglio, la flessione del retail è pari a 1,1 miliardi (dopo il -1,6 di novembre) mentre è molto più evidente il disinvestimento degli istituzionali, -2,4 miliardi dal -570 milioni del mese precedente.
Sull’intero anno, il dato di gran lunga peggiore è quello dei fondi aperti, -33 miliardi, mentre i fondi chiusi hanno segnato un attivo di 2,3 miliardi. Flessione di 10,1 miliardi per le gestioni di portafoglio, interamente attribuibile al retail, -10,4 miliardi, a cui fa da leggerissimo contrappeso l’attivo di 281 milioni degli istituzionali.
Fondi: andamento e analisi
Sui fondi aperti, nel 2011 hanno pesati particolarmente i fondi di liquidità, sotto di 12,4 miliardi, in pratica oltre un terzo sulla perdita totale di 33 miliardi dei fondi aperti. Male anche gli obbligazionari, -8,7 miliardi, gli azionari, -4,1 miliardi, i flessibili, -3,8 miliardi. Perdite di 1,5 miliardi per i fondi bilanciati e di 1,9 mld per gli hedge fund. Come si vede, un panorama pesante.
Fra i singoli gruppi, perdite concentrate soprattutto fra i big (gruppo Intesa SanPaolo, gruppo Generali, gruppo Pioneer-Unicredit). Eccezione per Mediolanum, che invece chiude in nero, così come sono in attivo Azimut, Poste Italiane, qualche estero.
In generale, gli esperti sottolineano come la performance negativa, soprattutto di fine anno, sia attribuibile alla volatilità dei mercati che ha spinto la fuga degli investitori, e alla concorrenza di prodotti come i conti deposito, i conti di liquidità o le obbligazioni bancarie.
La decisione della Bce che a fine 2011 ha concesso liquidità alle banche per tre anni all’1% potrebbe contribuire a ridurre le tensioni, risolvendo almeno in parte le esigenze di rifinanziamento delle banche stesse, e questo potrebbe avere riflessi positivi sulla raccolta dei fondi. Le banche di fatto sono i principali distributori, e quando hanno necessità di funding tendono a dirottare la clientela sui propri prodotti.
L’andamento del risparmio gestito del 2011, che ricalca abbastanza quanto successo ad esempio nel 2008, riaccende i riflettori sulla necessità di un rapporto maggiormente equilibrato fra risparmiatori, banche e gestori, anche per valorizzare uno strumento di investimento, quello dei fondi appunto, che dovrebbe servire proprio a impiegare soldi nel medio-lungo termine in modo relativamente prevedibile.
Anche il mitigarsi della crisi del debito potrebbe avere un effetto positivo sul 2012. Tuttavia, il sentiment maggiormente sottolineato dagli esperti è la prudenza, per non dire lo scetticismo, con scarse possibilità di un effettivo miglioramento della situazione almeno nel primo trimestre.
La gestione del settore come si vede è difficile e il sistema finanziario sembra ancora relativamente inadeguato per fornire garanzie al risparmiatore (che nella stragrande maggioranza dei casi non è un esperto, e ha bisogno di consigli corretti e di prodotti adatti al suo profilo di rischio). E non è facile nemmeno il lavoro di chi i fondi li gestisce direttamente, con condizioni di mercato ancora difficili.