Fra le decisioni prese dal Consiglio dei Ministri il 17 settembre c’è stata ache la vendita di una quota di Poste Italiane. Una privatizzazione parziale, si potrebbe dire, perché in effetti viene messa sul mercato una fetta di proprietà ma lo Stato resta sopra il 50% delle azioni.
La mossa rientra nell’ambito di un piano di privatizzazioni da 20 miliardi inserito nella manovra dello scorso anno.
Privatizzazione Poste Italiane: il capitale oggi
Poste Italiane è quotata in Borsa dal 2015, anno in cui sul mercato è andato meno del 40% del capitale, mentre la restante parte è rimasta pubblica. La nuova operazione rappresenta un’estensione di tale privatizzazione, con il controllo che però resta pubblico.
Attualmente, il capitale di Poste Italiane è in mano pubblica per il 64%, grazie al 29,26% posseduto dal Ministero dell’Economia e al 35% di Cassa Depositi e Prestiti.
Nei mesi scorsi si era ipotiozzato di alienare una quota più corposa, lasciando quella statale del 35%. Alla fine, invece, il Governo ha deciso di mantenere una quota di controllo superiore al 50% (percentuale da intendersi comprensiva delle partecipazioni MEF e di quelle CDP).
Azioni Poste: cosa cambia
Nel dettaglio, una nota di Palazzo Chigi comunica la prossima vendita di «una quota della partecipazione detenuta dal MEF in Poste Italiane S.p.a., al fine di determinare il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste Italiane, anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze, superiore al 50%».
Quindi, par di capire che a ridursi ulteriormente sarà la quota posseduta dal MEF mentre CDP resta azionista al 35%.
Il CdM ha approvato a tal fine un DPCM (Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri) autorizzando l’alienazione, tenuto conto dei pareri espressi dalle competenti Commissioni parlamentari.