Confermando le anticipazioni fornite alla vigilia del CdM dalla Premier Giorgia Meloni, l’esecutivo dà il via ad un processo di privatizzazioni delle partecipate con il quale si mira da un lato a far ecassa ma dall’altro a seguire una precisa linea strategica annunciata dalla stessa Meloni.
Nello specifico, con lo schema di DPCM approvato il 25 gennaio, il Governo ha definito i criteri per la cessione di una quota di partecipazione detenuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in Poste Italiane Spa.
Approvato in Consiglio dei Ministri in via preliminare, il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di partecipazioni statali getta le basi per un processo di alienazione di quote di partecipazioni pubbliche nel capitale di gruppi storici come Poste, aprendo la strada anche ad interessanti opportunità di investimento, come si evince tra le righe della nota di Palazzo Chigi pubblicata al termine del Consiglio dei Ministri:
Le modalità di alienazione tenderanno anche a favorire la tutela dell’azionariato diffuso e la stabilità dell’assetto proprietario.
Il Governo, comunque, sempre tramite decreto, conferma il mantenimento una partecipazione (anche indiretta) dello Stato in Poste, tale che ne assicuri il controllo pubblico. Di quanto parliamo? Di almeno una quota del 35%.
Lo ha specificato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il MEF è infatti autorizzato dal Governo a procedere nei tempi e nei modi che ritiene utili a concretizzare la vendita mantenendo però il controllo statale sulla società. Al momento il mef ne detiene una quota del 29,26% mentre il 35% blindato potrebbe essere quello ad oggi detenuto da CdP.
Sul tema, i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto al governo un incontro urgente per confrontarsi sui prossimi passi di un percorso che richiede “adeguato dialogo sociale con la rappresentanza dei lavoratori”.