La BCE (Banca Centrale Europea), nella riunione di oggi 14 settembre, ha deliberato un nuovo aumento dei tassi di interesse.
Fino alla vigilia della riunione del Consiglio direttivo, commentata in conferenza stampa alle ore 14. 45, era ancora forte l’incertezza su quella che sarebbe stata la decisione finale, alla luce del rallentamento dell’inflazione ormai da mesi, ma alla fine la linea “dura” ha prevalso su quella di “compromesso”.
Vediamo i dettagli e, soprattutto, l’impatto del rialzo dei tassi sul costo del denaro.
Aumento dei tassi BCE di settembre: +25 punti base
I tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, rifinanziamento marginale e depositi presso la Banca Centrale Europea sono saliti rispettivamente al 4,50%, al 4,75% e al 4,00% (+0,25%) con effetto dal 20 settembre 2023.
Nella nota stampa di accompagnamento alla decisione, si legge:
L’inflazione continua a diminuire, ma ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato. Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine. Al fine di progredire ulteriormente verso tale obiettivo, il Consiglio direttivo ha deciso oggi di innalzare di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE.
Fino all’ultimo momento, i membri del board BCE hanno evitato di anticipare quelle che sarebbero state le più probabili mosse di politica monetaria della seduta di settembre.
Da un lato Isabel Schnabel aveva comunque evidenziato una crescita economica più debole del previsto a fronte di un’inflazione di fondo comunque alta e ben al di sopra dell’obiettivo del 2%. Dall’altro non erano mancate le visioni possibiliste come quelle di Ignazio Visco, più attento alle ripercussioni sull’economia reale della continua stretta al credito.
Inflazione ancora troppo alta
Un altro membro del board, Klaas Knot, nei giorni scorsi aveva definito un nuovo rialzo dei tassi «al massimo una possibilità» ed «in nessun modo una certezza».
Alla fine, invece, complici anche i recentissimi dati della Commissione UE su PIL e inflazione (quella per il 2023 è attesa al 5,6% nell’Eurozona e al 2,9% nel 2024), l’ago della bilancio si è definitivamente spostato su “nuovo rialzo”. Del resto, la presidente Christine Lagarde non ha mai disatteso il suo personale mantra: seguire una linea data driven.
Le proiezioni macroeconomiche di settembre formulate per l’area dell’euro dagli esperti della BCE indicano un tasso di inflazione pari in media al 5,6% nel 2023, al 3,2% nel 2024 e al 2,1% nel 2025, per effetto di una revisione al rialzo per il 2023 e il 2024 e al ribasso per il 2025. Gli esperti della BCE hanno lievemente rivisto al ribasso le proiezioni dell’inflazione al netto della componente energetica e alimentare, che si collocherebbe in media al 5,1% nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,2% nel 2025.
Siamo alla fine del tunnel o ci saranno altri rialzi? Non è detto, anzi.
In base alla sua attuale valutazione, il Consiglio direttivo ritiene che i tassi di interesse di riferimento della BCE abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo.Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di interesse di riferimento della BCE siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario.
Rialzo tassi d’interesse: l’impatto sui mutui variabili
Con un incremento di altri 25 punti base, dunque, come prevedibile anche i mutui a tasso variabile sono destinati a salire per l’ennesima volta, con un rincaro della rata che ormai si registra ogni mese, da circa un anno.
Secondo l’analisi di Facile.it e Mutui.it, un finanziamento a tasso variabile da 126mila euro per 25 anni, sottoscritto a gennaio 2022, ha generato una rata di partenza mensile pari a 456 euro che nel tempo – a causa dei progressivi aumenti del costo del denaro – è lievitata dino a 740 euro a gennaio 2023, arrivando adesso a 759 euro, con un aggravio di 303 euro rispetto alla rata iniziale. In media, si paga oggi il 66% in più rispetto all’inizio del 2022.
Prendendo in esame le stime di mercato dei Futures sugli Euribor, tuttavia il picco degli aumenti per i tassi di interesse è comunque alle porte, previsto per il prossimo dicembre.
Con l’inizio del nuovo anno il trend dovrebbe subire un’inversione di marcia e, osservando le quotazioni di giugno 2024, il tasso del mutuo ipotetico preso in esame potrebbe calare fino al 4,92%, raggiungendo il 4,28% a giugno 2025.
Nel frattempo, di quanto potrà ancora salire la rata del mutuo per il variabile puro? Secondo stime FABI, si può arrivare anche al 70%.
I rialzi BCE operano per certi versi alimentando un circolo vizioso, come rileva la stessa Banca Centrale Europea:
Alla luce del maggiore impatto di tale inasprimento sulla domanda interna e dell’indebolimento del contesto del commercio internazionale, gli esperti della BCE hanno rivisto significativamente al ribasso le proiezioni per la crescita economica, che si porterebbe nell’area dell’euro allo 0,7% nel 2023, all’1,0% nel 2024 e all’1,5% nel 2025.