Fitch ha confermato il rating dell’Italia, BBB, con outlook “stabile“, e ha rivisto al rialzo le stime di crescita 2023, a +1,2%. Anche Standard & Poor, che ha aggiornato il suo rating lo scorso 21 aprile, aveva confermato lo stesso giudizio con analogo outlook stabile.
Il giudizio di Fitch
Fitch prevede debito pubblico in calo nel 2024, pari al 142,3% del PIL rispetto al 144,4% del 2022, comunque al di sopra dei livelli pre-Covid (134,1% nel 2019) e della media dei paesi con analogo rating BBB.
Nel 2024 ci aspettiamo una crescita dello 0,8%, più lenta rispetto all’1,3% previsto in marzo.
Detto questo, l’agenzia di rating ritiene che il governo italiano goda di una stabile maggioranza in Parlamento e di forte sostegno elettorale, facendo ritenere possibile una sua durata senza scossoni fino a fine mandato.
La stabilità politica crea spazio per una strategia di medio-termine.
Di seguito, il giudizio analitico sull’economia italiana che accompagna e motiva la classificazione Fitch.
L’elevato debito compensa solidi fondamentali
Il rating è supportato da un’economia diversificata e ad alto valore aggiunto, dall’appartenenza all’Eurozona, da istituzioni solide e PIL pro capite elevato. Queste caratteristiche del credito sono controbilanciate da fondamentali macroeconomici e fiscali deboli, in particolare un debito pubblico molto elevato, un orientamento fiscale relativamente accomodante dopo la pandemia, un potenziale di crescita economica contenuto e, più recentemente, un contesto di rendimenti più elevati.
Crescita in accelerazione
La crescita dell’economia italiana ha superato le aspettative nel primo trimestre 2023, registrando una netta ripresa allo 0,5% su base trimestrale (previsione precedente a marzo -0,2%) grazie al significativo allentamento della crisi del gas naturale in Europa, a un forte rimbalzo del turismo e al rafforzamento della domanda globale. Riflettendo queste dinamiche, sono state riviste le previsioni per il 2023 all’1,2% dallo 0,5% precedente. Come detto, le stime di crescita 2023 sono state riviste al rialzo, mentre nel 2024, si prevede che l’economia cresca dello 0,8%, in rallentamento rispetto all’1,3% previsto a marzo, a causa delle condizioni di finanziamento più restrittive.
Ripresa prevista nei fondi NGEU
L’economia italiana ha registrato una ripresa più lenta rispetto all’Eurozona, superando del 2,4% i livelli pre-pandemia alla fine del 1° trimestre 2023 rispetto al 3,0% della media ponderata dell’Eurozona. Gli investimenti hanno avuto un ruolo importante nella ripresa grazie ai generosi regimi di credito d’imposta (Superbonus 110% e Bonus facciate) che hanno sostenuto l’attività edilizia. Secondo la Banca d’Italia, i regimi hanno contribuito cumulativamente per circa 1,5-2,5 punti percentuali alla crescita del PIL nel periodo 2020-2022. Si prevede che la graduale eliminazione di questi schemi sarà ampiamente compensata dalla crescita dei fondi NextGenerationEU (NGEU).
I maggiori investimenti hanno sostenuto il tasso di crescita potenziale dell’Italia, che stimiamo in aumento allo 0,7% rispetto allo 0,5% pre-pandemia.
Inflazione elevata ma in calo
L’inflazione è aumentata all’8,8% ad aprile dall’8,1% di marzo, trainata dai prezzi dell’energia, caratterizzati da un’elevata volatilità. Si prevede che l’inflazione IPCA scenderà a una media del 7,2% nel 2023 e del 3,5% nel 2024, dall’8,7% nel 2022, sostenuta dalla normalizzazione dei prezzi dell’energia e solo da limitati effetti di secondo impatto. Il mercato del lavoro italiano è meno teso che in altre grandi economie dell’UE e anche le dinamiche salariali sono più contenute.
Continuità della politica fiscale
Il Programma di stabilità recentemente pubblicato stabilisce obiettivi fiscali credibili, con un’ampia continuità della politica fiscale del precedente governo di unità nazionale. Mira a un consolidamento fiscale graduale da un disavanzo del 4,5% del PIL nel 2023 al 3,7% del PIL nel 2024 e al 3,0% nel 2025. Le previsioni sono sostanzialmente in linea con queste proiezioni. La strategia di consolidamento fiscale a medio termine del governo si basa su misure energetiche temporanee in via di graduale eliminazione e sul contenimento della crescita della spesa primaria in termini nominali mentre le entrate beneficeranno dell’inflazione, almeno nel breve termine.
Diminuzione marginale del debito pubblico
La dinamica del debito beneficerà del differenziale positivo tra crescita e interessi nel medio termine, portando l’onere del debito su una traiettoria gradualmente discendente. Prevediamo che il rapporto debito/PIL scenda al 142,3% del PIL nel 2024, dal 144,4% del PIL nel 2022. Si tratta di un calo di 12,6 punti percentuali rispetto al picco del 2020, ma comunque al di sopra del livello pre-pandemia del 134,1% del PIL nel 2019 e la mediana “BBB” del 55,8% del PIL. Tuttavia, si prevede che il differenziale tra crescita e interessi diventi negativo nel 2026 e sarebbe necessario un aggiustamento fiscale significativamente più ampio per mantenere il debito su un percorso discendente.
I rendimenti obbligazionari italiani (a circa il 4,2% per il benchmark decennale) sono sostanzialmente invariati da ottobre 2022, ma lo spread rispetto alle obbligazioni tedesche è sceso all’1,9% dal picco del 2,6% della scorsa estate, suggerendo che l’istituzione del Transmission Protection Instrument della BCE (TPI) potrebbe essere stato efficace nell’alleviare i rischi di frammentazione. Tuttavia, fino a quando le nuove regole fiscali dell’UE non saranno concordate e attuate, è difficile valutare se l’Italia rispetterà i criteri di ammissibilità del TPI.
Governo stabile
Il governo gode di una maggioranza stabile in Parlamento e di un forte sostegno tra gli elettori. Alla luce di ciò e dell’opposizione frammentata, riteniamo possibile che il governo duri un’intera legislatura, cosa non comune nel sistema politico italiano. Questa stabilità politica crea spazio per il governo per elaborare una strategia a medio termine e concentrarsi sull’effettivo dispiegamento dei fondi NGEU.
Tuttavia, la coalizione potrebbe dover affrontare pressioni per mantenere più impegni di spesa della campagna elettorale, soprattutto quando il sostegno al costo della vita scade e la perdita di potere d’acquisto diventa più evidente, il che può rappresentare un rischio per le prospettive di risanamento fiscale.
Settore bancario resiliente
Il settore bancario italiano è più forte rispetto all’inizio delle precedenti recessioni, come evidenziato da un rapporto di crediti deteriorati lordi di poco superiore al 3% a fine dicembre 2022, secondo la definizione di Fitch, il più basso in oltre un decennio, più forte metriche di capitale e reddito più diversificato. Il sostegno statale ha mitigato efficacemente il rischio di credito e le inadempienze dei mutuatari sono rimaste basse per tutto il 2022 e il primo trimestre del 2023.
È probabile che l’inflazione persistente, l’aumento dei tassi e l’incertezza geopolitica riducano la domanda di prestiti e si traducano in tassi di insolvenza dei mutuatari più elevati, ma l’andamento favorevole dei tassi di interesse sosterrà in parte la performance delle banche, generalmente finanziate attraverso depositi dei clienti granulari, stabili e per lo più assicurati. Quindi, ci si aspetta che il rimborso del TLTRO sia gestibile.
ESG – Governance
L’Italia ha un punteggio di rilevanza ESG (RS) di ‘5[+]’ sia per la stabilità politica e i diritti che per lo stato di diritto, la qualità istituzionale e normativa e il controllo della corruzione. Questi punteggi riflettono l’elevato peso che gli indicatori di governance della Banca mondiale (WBGI) hanno nel modello di rating sovrano di Fitch. L’Italia ha un’alta classifica WBGI a 69, che riflette la sua lunga esperienza di transizioni politiche stabili e pacifiche, diritti ben consolidati per la partecipazione al processo politico, forte capacità istituzionale, stato di diritto effettivo e un basso livello di corruzione.
Ora i riflettori restano puntati sul 19 maggio, giorno in cui è atteso invece il giudizio di Moody’s. Che nelle scorse settimane ha ipotizzato un downgrade, quindi un abbassamento dell’attuale giudizio. La mossa porterebbe l’Italia sotto l’investiment grade, quindi a livello junk, un giudizio che sostanzialmente identifica titoli di stato poco affidabili.
Verso il giudizio di Moody’s
L’eventuale declassamento di Moody’s rappresenterebbe senz’altro un brutto colpo, perché i titoli di stato classificati come junk sono considerati più a rischio, facendo salire gli interessi che lo Stato deve pagare per il collocamento sul mercato.
Detto questo, bisogna fare due considerazioni: il report di Moody’s sul rischio Paese Italia è precedente agli ultimi dati sul PIL, che ci vedono in realtà fra i paesi che crescono maggiormente in Europa in questa inizio anno. Quindi, ci sono nuovi elementi che potrebbero spingere l’agenzia a rivedere questa intenzione.
In secondo, bisogna ancora capire se e come sarà l’outlook: attualmente, il giudizio di Moody’s sull’Italia è Ba3 con outlook negativo: anche per questo ci sono timori di declassamento. L’outlook è una previsione, nel senso che identifica il sentiment del revisore sui giudizi futuri. In parole semplici, un declassamento con outlook positivo sarebbe meno impattante sui mercati di uno invece accompagnato anche da un sentiment meno favorevole in chiave futura.
In ogni caso, per conoscere il parere di Moody’s bisogna attendere il 19 maggio.
La tabella dei rating delle tre grandi agenzie
Riassumiamo in tabella le sigle che usano le tre grandi agenzie di rating internazionale per classificare il debito a lungo termine.
Livello di rating | Standard & Poor’s | Fitch | Moody’s |
investment grade, livello massimo di sicurezza | AAA | AAA | Aaa |
investment grade, rischio minimo | AA+ | AA+ | Aa1 |
investment grade, rischio minimo | AA | AA | Aa2 |
investment grade, rischio minimo | AA- | AA- | Aa3 |
investment grade, rischio basso | A+ | A+ | A1 |
investment grade, rischio basso | A | A | A2 |
investment grade, rischio basso | A- | A- | A3 |
investment grade inferiore, rischio accettabile | BBB+ | BBB+ | Baa1 |
investment grade inferiore, rischio accettabile | BBB | BBB | Baa2 |
investment grade inferiore, rischio accettabile | BBB- | BBB- | Baa3 |
non investment grade (junk bond) | BB+ | BB+ | Ba1 |
non investment grade (junk bond) | BB | BB | Ba2 |
non investment grade (junk bond) | BB- | BB- | Ba3 |
non investment grade (junk bond) inferiore | B+ | B+ | B1 |
non investment grade (junk bond) inferiore | B | B | B2 |
non investment grade (junk bond) inferiore | B- | B- | B3 |
non investment grade (junk bond) inferiore | CCC+ | CCC | Caa1 |
non investment grade (junk bond) inferiore | CCC | CC | Caa2 |
non investment grade (junk bond) inferiore | CCC- | C | Caa3 |
non investment grade (junk bond) inferiore | CC | DDD | Ca |
non investment grade (junk bond) inferiore | SD | DD | C |
non investment grade (junk bond) inferiore | D | D |