La Federal Reserve ha alzato per la decima volta consecutiva i tassi di interesse sul costo del denaro, questa volta di 25 punti base, considerando primario l’obiettivo FED di contrastare l’inflazione rispetto ai potenziali rischi per la crescita economica e soprattutto per la tenuta del sistema bancario statunitense.
L’obiettivo finale della FED e della BCE è a quanto pare identico: riportare l’inflazione progressivamente al 2%, così come confermato in coferenza stampa dal presidente Jerome Powell.
Una mossa che potrebbe dunque anticipare un analogo rialzo dello 0,25% deciso dalla Banca Centrale Europea nella riunione del Consiglio direttivo del 4 maggio, come implicitamente anticipato nei giorni scorsi.
Per le prossime mosse, la FED demanda la decisione su eventuali nuovi rialzi in giugno all’andamento del mercato e allo scenario economico:
Comitato terrà conto dell’inasprimento cumulativo della politica monetaria, dei ritardi con cui la politica monetaria influisce sull’attività economica e sull’inflazione, e degli sviluppi economici e finanziari.
Sullo sfondo, come noto, c’è il fallimento della Silicon Valley Bank e la vendita a JP Morgan di First Republic ma anche i contrasti tra il presidente Biden e la maggioranza repubblicana alla Camera sul tetto del debito. Elementi di forte incertezza che generano tensioni e che possono tradursi in fattori di decrescita.
non escludo che possa invece avvenire una contrazione leggera della crescita.
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A questo punto, occhi puntati sulla BCE e sulla decisione odierna sul rialzo dei tassi d’interesse sul costo del denaro, dato praticamente per certo dagli analisiti. Con tutte le conseguenze del caso, in primis sul costo dei finanziamenti alle imprese e dei mutui alle famiglie.