Con l’approvazione definitiva del Decreto Anticipi (DL 145/2023), è divenuta ufficiale la nuova modalità di calcolo dei fringe benefit (prevista all’art.3, c. 3-bis) per la determinazione del reddito di lavoro dipendente, sanando il problema in busta paga legato alla concessione di prestiti e mutui agevolati da parte del datore di lavoro.
Il collegato fiscale alla Manovra 2024 ha infatto sostituito il riferimento annuale per il calcolo della soglia ai fini IRPEF: il tasso di sconto diventa quello in vigore al momento della stipula o della rinegoziazione del finanziamento, retroattivamente dal 1° gennaio 2023.
L’intervento normativo interviene sulll’articolo 51, comma 4, lettera b) del Tuir nei casi di cartolarizzazione del finanziamento (cessione ad altro soggetto).
Mutuo e prestiti ai dipendenti come fringe benefit: come si tassano?
I fringe benefit sono quegli elementi addizionali alla retribuzione che le aziende offrono ai propri dipendenti sotto forma di beni o servizi, tra i quali possono rientrare anche mutui o finanziamenti a lavoratori (è il classico caso dei dipendenti bancari). Il rialzo dei tassi BCE ha però sollevato un problema di conguagli fiscali molto elevati a causa del metodo di calcolo delle imposte sugli interessi agevolati.
Sul caso dei mutui ai dipendenti bancari, i sindacati hanno chiesto una modifica, in merito alla quale è in corso un’istruttoria in Parlamento per valutare un intervento normativo sull’attuale metodo di ancoraggio del beneficio al Tur (Tasso ufficiale di riferimento) calcolato anno per anno in costanza di contratto.
IRPEF sui fringe benefit: come si calcola?
Il fringe benefit è una misura di welfare che mira a rendere più consistente lo stipendio netto in busta paga a fronte di una minore tassazione su alcune delle somme effettivamente godute. Vi possono rientrare anche mutui e prestiti agevolati che generano interessi passivi.
Per quanto riguarda il prestito personale erogato al dipendente, il fringe benefit da tassare in busta paga corrisponderà all’effettivo costo sostenuto dall’azienda calcolato come il 50% della differenza tra il tasso di interesse concesso al dipendente e quello ufficiale di sconto.
In base al correttivo inserito nel Decreto Anticipi, adesso il tasso di sconto diventa quello in vigore al momento della stipula o della rinegoziazione del finanziamento.
In questo modo si evita il problema emerso lo scorso anno, a seguito del rialzo dei tassi BCE (ossia l’aumento del costo del denaro deciso dalla Banca centrale europea a cadenza periodica per mitigare l’aumento dell’inflazione): la precedente normativa comportava pesanti conguagli IRPEF a causa del metodo forfettario di calcolo dei fringe benefit su mutui e prestiti ai dipendenti in busta paga.
Calcolo quota fringe nei mutui: quale formula?
Se il Tasso Sconto è maggiore del Tasso dipendente, la formula per calcolare la quota fringe benefit per i mutui è la seguente:
(Tasso Sconto – Tasso dipendente) / 2 = % benefit
Successivmente, il % benefit viene moltiplicato per il debito residuo per ottenere l’ammontare del benefit che diventa reddito imponibile se superiore a 3000€ (2022) o 258-3000€ (2023).
La differenza tra gli interessi agevolati e quelli a tasso scontato al 50%, corrisponde all’agevolazione per il dipendente, tuttavia questo importo non deve superare la soglia del fringe benefit altrimenti si applica la tassazione sull’intera agevolazione.
Per quanto attiene i mutui cointestati, se si tratta di un altro dipendente la quota fringe benefit degli interessi sarà calcolata al 50% per ciascuno, se invece il cointestatario non è un altro dipendente dell’azienda, allora la quota interessi fringe benefit sarà interamente a carico del dipendente che fruisce del mutuo agevolato.
Tassazione fringe benefit: quali agevolazioni?
La tassazione IRPEF in busta paga dei fringe benefit ai dipendenti non è equiparata a quella piena delle retribuzioni (e non è previsto assoggettamento a contributi obbligatori) entro la soglia ordinaria dei 258,23 euro, per il 2024 elevata a 1000 euro senza figli ed a 2.000 euro con figli.
Nel 2023, questa agevolazione è stata concessa fino a 3mila euro per dipendenti con figli a carico.
Se in sede di conguaglio, il valore dei benefit concessi risulta superiore alla soglia, il datore di lavoro deve assoggettare a tassazione l’intero importo corrisposto.