Il divieto di cessione del credito per i nuovi progetti di Superbonus avviati nel 2023 (salvo i pochi che sono rientrati nella mini-deroga concessa dal Governo) rende di fatto inutilizzabile lo strumento della dichiarazione dei redditi per il recupero della detrazione IRPEF al 90% sui lavori agevolati.
Spalmando in sole 4 rate annuali la detrazione pluriennale concessa per i nuovi lavori, in rapporto all’entità del costo sostenuto, è quasi impossibile non andarci a perdere, limitando ad una sparuta platea gli effettivi beneficiari che nel 2023 si arrischieranno ad avviare la macchina del Superbonus. Per non parlare dei “fortunati” che sono rientrati nel Superbonus al 110%, beneficiari sulla carta senza il coraggio di avviare i cantieri.
Superbonus 90: agevolazione solo sulla carta
Ad oggi, la maggior parte dei contribuenti non riesce a soddisfare la condizione di capienza IRPEF necessaria a recuperare la spesa. Incrociando i dati forniti ogni mese dall’ENEA sui bonus edilizi utilizzati con quelli del Dipartimento delle Finanze del MEF sulla capacità fiscale degli italiani (gli ultimi dati sono quelli delle dichiarazioni dei redditi dell’anno scorso), emerge che oltre il 90% dei contribuenti potenzialmente interessati è materialamente escluso dall’accesso al Superbonus 2023, a meno di non “bruciare” grossa parte dell’agevolazione.
In base ai dati ENEA, infatti, considerando una detrazione al 90%, gli importi medi annui degli investimenti ammessi a detrazione risultano piuttosto elevati, pari a 122.460 euro per i condomini, 23.309,25 euro per gli edifici unifamiliari e 19.741 euro per le unità immobiliari funzionalmente indipendenti. Davvero difficile recuperare il 90% in quattro rate potendo contare solo sulla propria capienza IRPEF, che dunque risulta insufficiente.
E poichè la detrazione in 10 quote annuali è concessa solo per le spese sostenute nel 2022 (peraltro saltando anche un anno d’imposta, visto che lalegge di conversione del DL Superbonus impone di applicare la prima quota a partire dal 730/2024), chi avvia i lavori quest’anno non potrà contare sulla ripartizione lunga ma dovrà optare per quella ordinaria di 4 anni.
Bonus casa: platea dei beneficiari ridotta all’osso
Nel caso di abitazioni monofamiliari, villette e unità indipendenti, la platea dei potenziali beneficiari si riduce quasi del tutto perché il Superbonus è riservato a chi ha un reddito entro i 15.000 euro (parametrato al quoziente familiare). Anche per le unità indipendenti e le unifamiliari, la platea di contribuenti con sufficiente capienza fiscale per l’accesso al Superbonus risulta molto limitata.
Va meglio ai condomini, perché l’agevolazione va divisa tra tutti i proprietari. Ma gli importi sono in genere così elevati che di nuovo si ripiomba nel paradosso dell’incapienza fiscale.
In conclusione, possiamo dire che davvero pochi contribuenti potranno avviare il Superbonus sapendo di non poter recuperare pienamente la detrazione al 90%. Per questi contribuenti, l’agevolazione rimarrà soltanto sulla carta, in quanto l’effettiva misura della detrazione riconosciuta sarà determinata dal limite imposto dalla capienza fiscale.
Superbonus 110: la beffa dei ripescati
Neppure si azzardano ad avviare i lavori i pochi fortunati che li avevano deliberati a fine 2022 e aspettavano che si sbloccasse un minimo il mercato dei crediti per poter partire con la ditta a cui cedere il bonus tramite sconto in fattura: i ripescati del 110 possono teoricamente ricorrere ancora alla cessione del credito e allo sconto in fattura, è vero, ma chi garantisce loro che dopo il primo SAL troveranno un cessionario disposto ad acquistare il credito ceduto al fornitore? Siamo a fine aprile ed ancora il mercato dei crediti è praticamente fermo.
Come rischiare di arrivare a fine anno con un cantiere a metà e migliaia di euro impossibili da recuperare? Figuriamoci la grande massa di coloro che ricadono nel Superbonus 90% con detrazione nel 730.