Si confermano le anticipazioni già fornite nei giorni scorsi: in un’intervista a Le Monde, il capo economista della BCE, Philip Lane, ha spiegato che l’incertezza geo-politica non consente di abbassare la guardia sui rischi inflazionistici, per cui non è ancora il momento per fermare il rialzo dei tassi.
Sembra dunque scontata la decisione che prenderà il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea il prossimo 4 maggio. I mercati si attendono un incremento pari ad almeno ulteriori 25 punti base se non addirittura 50 punti.
Tassi BCE: nuovi rialzi in vista
Soltanto pochi giorni fa, Lane aveva già spiegato i motivi a sostegno di una prosecuzione sulla “linea Lagarde” e definito “appropriato” un altro rialzo dei tassi.
Per garantire che l’inflazione ritorni tempestivamente al nostro obiettivo del 2%, è stato necessario aumentare i tassi ufficiali di riferimento di 350 punti base dalla scorsa estate. Se lo scenario delle proiezioni macroeconomiche di marzo persiste, sarà opportuno aumentare ulteriormente i tassi.
Come di consueto, tuttavia, l’ultima parola sul destino della stretta monetaria dipenderà dai dati macro-economici (che hanno registrato una lieve frenata della corsa inflazionistica ma che temono una nuova fase di recrudescenza in conseguenza del conflitto russo-ucraino, che non accenna a trovare vie di risoluzione).
Inflazione di fondo ancora persistente
Le proiezioni macroeconomiche di marzo, messe a punto dagli esperti della BCE (sono quelle a cui fa riferimento Lane nelle sue dichiarazioni) vedono un rimbalzo dell’attività economica nel corso dell’anno, con una crescita prevista in media dell’1% nel 2023.
L’inasprimento della politica monetaria ha contribuito ad imprimere una frenata al trend di crescita dell’inflazione, rivisto al ribasso sull’intero orizzonte di proiezione, sebbene l’inflazione di fondo resti persistente nel breve termine.
Politica monetaria e impatto sulle imprese
Come ha ricordato Lane, oltre che con lo shock inflazionistico, le imprese devono confrontarsi con l’impatto dell’innalzamento dei tassi.
Per prima cosa, la produzione manifatturiera ha dato segnali di stagnazione nel primo trimestre dell’anno.
Il contante ei depositi rappresentano attualmente l’8,6% del totale attivo delle imprese. Questa quota è aumentata principalmente durante la pandemia ma da febbraio si registra una inversione di tendenza, in linea con il calo dell’indebitamento. A febbraio, le imprese dell’area Euro pagavano in media 250 punti base in più di interessi sui nuovi prestiti rispetto alla fine del 2021.
Ancora: le probabilità di insolvenza a livello di impresa segnalate dalle banche sono aumentate in modo più marcato per le PMI, potenzialmente più vulnerabili agli shock.
Uno scenario preoccipante che non sembra tuttavia preoccupare la BCE a tal punto da invertire a maggio la sua politica monetaria. Guardando ancora più avanti, la prossima Survey on Access to Finance (SAFE) fornirà invece informazioni più dettagliate in vista della riunione di giugno.