La BCE alza nuovamente i tassi d’interesse, proseguendo nella strategia di contrasto all’inflazione intrapresa a partire dall’estate scorsa, pur riducendo le dimensioni della stretta sul costo del denaro: il rialzo stabilito il 15 dicembre è pari a 50 punti base, dopo i 75 delle ultime due mosse di politica monetaria.
Questo non significa che la strategia della Banca Centrale Europea sia cambiata, anzi: Francoforte sottolinea l’intenzione di continuare ad alzare i tassi anche nel 2023.
Come primo effetto, intanto, c’è da attendersi un potenziale rialzo a catena per mutui e prestiti. Vediamo tutto.
Il rialzo dei tassi del 15 dicembre
Il rialzo di mezzo punto riguarda tutti e tre i principali tassi di rifinanziamento. La decisione segue di 24 ore quella analoga della Federal Reserve americana, che ha a sua volta alzato i tassi di 50 punti base.
Sale al 2,5% il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali, al 2,75% quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale e al 2% il tasso sui depositi. La misura ha effetto a partire dal 21 dicembre 2022.
L’obiettivo di Francoforte è sempre lo stesso, tenere sotto controllo l’inflazione. In particolare – si legge nel comunicato ufficiale:
il Consiglio direttivo ritiene che i tassi di interesse debbano ancora aumentare in misura significativa a un ritmo costante per raggiungere livelli sufficientemente restrittivi da assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine.
Questa strategia di politica monetaria «farà diminuire nel corso del tempo l’inflazione frenando la domanda e inoltre metterà al riparo dal rischio di un persistente incremento delle aspettative di inflazione. Anche in futuro le decisioni sui tassi di riferimento saranno guidate dai dati e rifletteranno un approccio in base al quale tali decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione».
Le stime su inflazione e crescita
L’accento viene posto sul fatto che nel corso del 2023 la BCE «prevede ulteriori significativi aumenti dei tassi, perché l’inflazione continua a essere di gran lunga troppo elevata e, secondo le proiezioni, si manterrebbe su un livello superiore all’obiettivo per un periodo di tempo troppo prolungato».
Tradotto: non solo è destinata a proseguire la stretta monetaria, ma non si escludono l’anno prossimo eventuali rialzi più alti di quello appena deciso.
I dati e le proiezioni sull’inflazione: «secondo la stima rapida dell’Eurostat l’inflazione si è collocata al 10,0% a novembre, livello lievemente inferiore rispetto al 10,6% di ottobre», a causa soprattutto dell’andamento più moderato della componente energetica. Le stime vedono un +8,4% nel 2022, destinato a ridursi a +6,3% nel 2023.
La discesa si attende più sostenuta nei due anni successivi, 3,4% nel 2024 e al 2,3% nel 2025. Come si vede, in base a queste proiezioni l’obiettivo del 2% non si raggiunge nemmeno al 2025.
Per quanto riguarda la crescita, nell’immediato c’è una recessione «relativamente breve e poco profonda», ma le stime 2023 sono state riviste significativamente al ribasso (+ 0,5%), Segue una ripresa, con il venir meno delle circostanze sfavorevoli, con il PIL visto in crescita dell’1,9% nel 2024 e dell’1,8% nel 2025.
Il programma di acquisti BCE
Infine, si conferma il rallentamento del programma di riacquisti della BCE: nell’ambito del PAA (Programma acquisto attività), la banca centrale continuerà a investire integralmente il capitole rimborsato sui titolo in scadenza per i primi due mesi 2023, e a partire da marzo ridurrà le operazioni «a un ritmo misurato e prevedibile», pari in media a 15 miliardi di euro al mese sino alla fine del secondo trimestre del 2023 e verrà poi determinato nel corso del tempo.
Per quanto riguarda il PEPP (Pandemic emergency purchase programme), il Consiglio direttivo intende continuare a reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza almeno sino alla fine del 2024.
L’impatto sui mutui e prestiti
L’impatto sull’economia reale delle decisioni di politica monetaria riguarda in particolare il costo dei mutui e dei prestiti, che potrebbero di conseguenza salire per adeguarsi al rialzo dei tassi (non c’è una trasmissione diretta, nel senso che i tassi sui mutui non sono quelli alzati dalla BCE, ma un impatto sul medio periodo).