Inflazione e tensioni sui mercati mettono sotto pressione la sicurezza pensionistica in Italia, che si piazza al 31esimo posto su 44 Paesi presi in esame da Natixis Investment Managers, nel suo annuale Global Retirement Index (GRI).
Analizzando diversi indicatori di performance delle pensioni, articolati in 4 categorie, la Norvegia si piazza sul podio assieme a Svizzera e Islanda. Seguono Irlanda, Australia, Nuova Zelanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Danimarca e Repubblica Ceca.
In Italia permangono i livelli di sicurezza registrati già lo scorso anno, con un punteggio complessivo pari al 62%, dato dalla media dei quattro macro-indicatori: 83% (salute), 52% (reddito), 72% (qualità della vita) e 46% (benessere).
Tuttavia lo scenario di riferimento è profondamente mutato, con il caro prezzi che erode il potere d’acquisto delle pensioni. Con l’aumento dei tassi d’interesse applicati dalla Banca Centrale Europea, inoltre, il valore delle prestazioni si riduce.
A conti fatti, il 2022 si sta rivelando l’anno peggiore degli ultimi tempi per andare in pensione con la sicurezza di un trattamento sostenibile e certo.
Il rovescio della medaglia è che i tassi più elevati incentivano la previdenza complementare e consentono di investire in fondi pensionistici con rendimenti più elevati.
Sullo sfondo c’è un ulteriore fattore di rischio per la sicurezza pensionistica in Italia nel medio e lungo periodo: quello legato alla leva demografica. Secondo le stime OCSE, la popolazione over 65, che in Italia oggi è al 24%, è destinata ad aumentare in maniera considerevole, mettendo ancor più sotto pressione il sistema previdenziale e assistenziale.