Un’ordinanza della Corte di Cassazione sui conti correnti in caso di morte di un intestatario dichiara illegittimo il blocco bancario o postale in caso di conto corrente cointestato a firma disgiunta.
Vediamo dunque di chiarire in quali casi è possibile sbloccare subito la liquidità e quali sono tutti i vincoli, anche fiscali, di un conto corrente con più intestatari.
Conto corrente cointestato: come funziona
In genere, nel caso del conto corrente a firma congiunta, in caso di decesso di uno dei titolari, gli altri cointestatari non possono prelevare o movimentare il conto fin quando non siano concluse le procedure di successione ereditaria e ne sia data comunicazione alla banca.
In caso di conto cointestato a firma disgiunta, invece, la regola seguita in passato era che il 50% del saldo sul conto venisse acquisito dai cointestatari e il restante 50% dagli eredi. Tuttavia, secondo l’ordinanza n. 7862/2021 della Cassazione (richiamandosi alla sentenza della stessa Corte n. 15231/2002) , il contitolare ha il diritto di chiedere, dopo la morte dell’altro intestatario del conto, l’accesso all’intero saldo del conto o libretto di deposito finalizzato al risparmio. Resta ferma la necessità di verificare l’operato del cointestatario nei confronti degli eredi del deceduto, ma si esime l’istituto di credito dal congelamento della quota parte della giacenza sul conto.
Attenzione: la sentenza dichiara illegittimo il solo blocco del conto cointestato alla morte di uno degli intestatari se con firma disgiunta mentre in tutti gli altri casi il conto della persona deceduta viene bloccato fino al completamento delle pratiche che ne stabiliscono inderogabilmente gli eredi. Qual è il conto corrente cointestato a firma disgiunta? Quello per il quale ogni intestatario è libero di effettuare movimenti e operazioni senza l’autorizzazione degli altri intestatari.
Controlli fiscali sui conti correnti cointestati
I versamenti sui conti correnti possono generare sospetti di irregolarità, lasciando presumere un reddito maggiore rispetto a quello dichiarato. Pertanto, qualora il Fisco intenda effettuare accertamenti per appurare eventuali situazioni di evasione, l’Agenzia delle Entrate ha diritto a chiedere chiarimenti circa la provenienza delle somme versate, anche in caso di conto cointestato.
Tali accertamenti relativi alla presunzione legale relativa della disponibilità di maggior reddito valgono per ogni contribuente: lavoratore autonomo, Partita IVA, commerciante, dipendente privato o pubblico, privato cittadino, pensionato.
Versamenti sul conto bancario o postale
Secondo quanto previsto dall’articolo 32 del Dpr n.600/73, l’accertamento fiscale è legittimo quando è basato sui versamenti ingiustificati nei conti bancari del contribuente. A mettere un freno ad eventuali accertamenti possono essere solo prove certe, precise e concordanti circa la provenienza del denaro depositato sul proprio conto bancario o postale. Un recente chiarimento in questo senso è stato fornito nei mesi scorsi dalla Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 18245/2022.
Il caso esaminato dagli Ermellini riguardava il ricorso, presentato da un contribuente – dipendente pubblico – al quale erano stati contestati dei versamenti effettuati sul proprio conto corrente. Il ricorso era stato inizialmente rigettato dalla Commissione tributaria di primo grado, poi però la Commissione di secondo grado aveva completamente ribaltato il giudizio, ritenendo che, oltre al reddito come dipendente dello Stato, il contribuente avesse effettuato dei versamenti dallo stesso attribuiti a vincite di gioco maturate all’estero.
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Di diverso avviso i giudici della Cassazione, che non hanno ritenuto adeguatamente provati i versamenti bancari del contribuente, avendo contribuente provato solo gli accessi alle case da gioco e non le vincite. La Cassazione ha quindi rigettato il ricorso, attribuendo i versamenti a maggior reddito (e maggiore tassazione conseguente).
Evasione fiscale: accertamenti sui c/c per tutti
La Corte Suprema ha ribadito che la presunzione legale relativa della disponibilità di maggior reddito, desumibile dai movimenti bancari non è destinata ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo ma si applica alla generalità dei contribuenti.
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I giudici supremi hanno ricordato che gli articoli 32 e 38 del Dpr 600/73 prevedono una presunzione legale secondo la quale, in tema di accertamento delle imposte, sia i prelevamenti che i versamenti ingiustificati operati su conti correnti bancari, anche di dipendenti privati e pubblici e pensionati, devono essere imputati a ricavi.
Il contribuente, per il principio di libertà dei mezzi di prova, “può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (cfr. Cass. V, n. 25502/2011; VI-5 n. 11102/2017)”.
In sostanza, quindi, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale per tutti i contribuenti, salvo idonea giustificazione.