La volatilità è un importante indicatore riferito, ad esempio, ai mercati azionari e finanziari: individua la variazione dei prezzi con cui sono scambiati i titoli (o strumenti), evidenziando oscillazioni significative che possono condizionare e scelte di investimento, soprattutto in momenti particolari come sta avvenendo in conseguenza della guerra tra Russia e Ucraina. Cerchiamo di capire come funziona tale indicatore e di interpretarne l’andamento, anche in questa particolare congiuntura.
Cosa si intende per volatilità dei mercati
Riferito ai mercati azionari, la volatilità registra la misura (intensità e ampiezza) delle variazioni subite dal rendimento di un titolo in un determinato periodo di tempo. Si parla di volatilità dei titoli sui mercati azionari anche quando si registrano scostamenti significativi rispetto ai rendimenti rispetto alla media. Si tratta di oscillazioni che possono avvenire in vari momenti (in fase di rialzo o ribasso) e che possono avere durata variabile e generare effetti diversi.
Indici e indicatori
Tecnicamente, gli indicatori di volatilità misurano la velocità di oscillazione del prezzo storico (massimo e minimo, in un certo periodo di tempo) di determinati elementi (valute, materie prime, titoli azionari, strumenti finanziari), e questo indipendentemente dalla loro direzione (in positivo o in negativo). La volatilità, dunque, non è di per sé un fattore positivo o negativo, ma è un parametro di valutazione di un trend, da analizzare e interpretare in un più vasto scenario economico e finanziario, soprattutto in ambito trading.
La volatilità di un titolo azionario nel breve periodo, ad esempio, non si traduce necessariamente in rendimenti meno favorevoli nel lungo termine. Anzi, scenari emergenziali o bellici a parte, è più probabile che si verifichi la circostanza opposta.
Da cosa è causata la volatilità del mercato
Il verificarsi di particolari eventi di portata globale come le guerre (ma anche solo le tensioni geopolitiche), le catastrofi naturali di particolare portata e le pandemie (vedi la crisi Covid), oppure scenari economici condizionati da eventi di specifica rilevanza (elezioni, riforme, ecc.) possono incidere sulla volatilità dei mercati. Di norma, però, si tratta di oscillazioni di beve periodo che non innesca scenari gravi (ribassi oltre il 20%), per cui è necessario valutare caso per caso, in relazione all’evento scatenante.
La volatilità costituisce un rischio?
Per l’investitore, quello della volatilità è senza dubbio un indicatore da monitorare. Premesso che non è possibile prevedere ed evitare episodi di volatilità negativa in condizioni di mercato normali (ossia in scenari non condizionati da eventi di particolare rilevanza, come una pandemia o una guerra), è importante non sottovalutare episodi che si protraggono nel tempo ed oscillazioni dei listini molto marcate.
Allo stesso tempo, l’eccesso di prudenza potrebbe penalizzare i propri rendimenti se si effettuano scelte troppo impulsive sulla base di una volatilità estrema. Se un lato gli scostamenti al ribasso costituiscono un campanello d’allarme, le oscillazioni al rialzo possono far aumentare i rendimenti. Soprattutto quando si tratta di investimenti azionari, la volatilità negativa è il normale “scotto da pagare” per cogliere nel medio e lungo periodo i benefici di scelte oculate e lungimiranti, che magari richiedono più tempo per portare frutto.
Meno volatilità è meglio?
In generale, la volatilità è un concetto chiave della Finanza e le sue implicazioni sono determinanti nelle scelte di investimento, potendo determinare nel breve e nel lungo periodo guadagni o perdite per i risparmiatori. Come detto, non è di per sé un indicatore negativo, così come la stabilità di un titolo non è di per sé un fattore sempre positivo.
Visto che la volatilità indica la variazione percentuale del valore di un titolo o di un portafoglio, è importante valutarla nella giusta ottica. Perché misura l’intensità dell’oscillazione e quindi il suo grado di “importanza” ai fini di una oculata strategia. Non si può dire che l’elevata volatilità di un titolo ne indichi necessariamente anche un’elevata rischiosità. O meglio, è vero solo in parte. Anche in questo senso, è importante capire quale sia la propria propensione al rischio nel momento in cui si inteste in un titolo “movimentato”.
Come interpretare la volatilità
Ad una volatilità elevata corrispondono variazioni di prezzo significative, ad una volatilità ridotta corrisponde un andamento del prezzo più controllato. Questo vuol dire che un titolo soggetto a volatilità dovrà essere gestito in portafoglio con una strategia consapevole e con una certa propensione al rischio. In linea generale, è più probabile che un titolo più volatile nell’arco di un certo periodo (ad esempio 3-5 anni) offra nel tempo rendimenti maggiori di uno più stabile. Ecco perché è fondamentale avere chiare le idee sull’orizzonte temporale intorno al quale si fissano i propri obiettivi.
Come limitare gli effetti della volatilità dei mercati
Esistono strategie speculative (es.: market timing) che sfruttano le oscillazioni giornaliere ma, se l’obiettivo è costruire una rendita a partire dai propri risparmi, è meglio scegliere titoli che sfruttano i trend economici di medio e lungo periodo. Il classico modo per limitare i rischi della volatilità è quello di costruire un portafoglio diversificato, che al suo interno compensi le oscillazioni riducendone i potenziali rischi.
In conclusione, per quanto sia vero che lo scenario di inizio 2022 si mostri caratterizzato da un aumento vertiginoso della volatilità sui mercati finanziari, acuito dai più recenti eventi geopolitici – l’aggravarsi del conflitto ha generato un forte impatto sul sentiment degli investitori e generato profonda volatilità – se guardiamo al passato, in scenari simili a quello attuale (come l’invasione della Crimea del 2014) la scelta migliore si è rivelata rimanere in linea con i propri obiettivi.