Tra i Venture Capital italiani vige la massima prudenza, tanto che gli investitori scelgono le startup su cui puntare valutando prevalentemente la storia, l’esperienza e il successo dell’imprenditore, trascurando invece l’analisi del prodotto e della tecnologia sottostante.
Questo è quanto emerge dalla survey condotta sulle prassi del Venture Capital a livello europeo da un consorzio formato da 8 prestigiose Business School, tra cui la School of Management del Politecnico di Milano.
Rispetto a quanto accade in Francia, Germania, Belgio, Spagna, Portogallo e Svezia, in Italia all’investitore “tipico” sono state sottoposte circa 400 proposte negli ultimi 12 mesi, contro le 500 di media negli altri Paesi. Gli investitori italiani, tuttavia, si caratterizzano per una minore selettività, tanto che accettano una proposta su 43 invece che una su 51.
Il fattore determinante per decidere se concedere o meno il capitale, quindi, è principalmente il team imprenditoriale. In 8 casi su 10, ad esempio, l’investimento ricade su chi ha già ampiamente dimostrato di avere una storia imprenditoriale o manageriale di successo.
Anche in Europa si considera l’imprenditore, il joker, più dell’horse, il cavallo, rappresentato da tecnologia, prodotto e mercato – spiega Massimo Colombo, docente di Finanza imprenditoriale alla School of Management del Politecnico di Milano -, ma se in quel caso le percentuali sono 53,1% contro 27,6%, in Italia si sale addirittura a 81,6% contro 7,9%. Anche il fit fra investitore e startup e il valore aggiunto che il VC può apportare hanno scarsa importanza (5,3%) mentre in Europa valgono fino al 12%.
Osservando il team imprenditoriale, infine, gli investitori italiani cercano di percepire soprattutto la passione e il commitment (28,9%), ma anche l’esperienza settoriale (23,7%) a cui attribuiscono un peso notevole e superiore rispetto quanto accade negli altri Paesi europei.