Quello del factoring è un mercato in crescita ma ancora poco conosciuto tra le PMI, nonostante possa rappresentare uno strumento fondamentale per le imprese in questo periodo di tensioni sui prezzi e crisi di liquidità.
PMI.it ne ha parlato con Franco Marcarini, head of factoring di illimity, per capire fino a che punto questa formula di cessione dei crediti commerciali, che può andare dal classico anticipo fatture a forme più evolute, che prevedono anche da cessione del rischio.
Factoring contro la crisi del credito
Negli anni, spiega Marcarini, il factoring «è cresciuto proprio perché l’economia ha attraversato periodi complessi, o anche di vera e propria crisi, durante i quali c’è stato un conseguente contingentamento del credito. Nel 2008, il mercato del factoring valeva 120 miliardi, nel 2019 ha raggiunto 255 miliardi, e nel giugno scorso era in crescita del 14%. Le stime a fine anno si aggirano sui 290 miliardi di euro».
La crescita del mercato 2022 è dovuta a diversi fattori di crisi (guerra, caro materie prime, inflazione, parità euro-dollaro), perchè le imprese fanno fatica a sostenere i livelli di produzione.
Ci sono anche altri elementi che concorrono: «i decreti anti-crisi che si sono succeduti negli anni del Covid (come il Salva Italia e i Decreti Crescita) hanno consentito alle imprese di avere liquidità in modo relativamente semplice, grazie a garanzia statale, preammortamenti di due anni e prestiti a sei anni. Ma oggi l’esaurirsi della spinta rappresentata dalle garanzie statali, alimenta il mercato del factoring».
Smobilizzo crediti e cash immediato
«Il mese di dicembre vale il 20% di tutta l’attività annuale, perché interviene quello che chiamiamo deconsolidamento dei crediti. Le imprese che hanno crediti in bilancio li vendono, con modalità pro soluto a titolo definitivo a una società, come noi».
Un esempio numerico di immediata comprensione: «in bilancio anziché avere 1 milione di crediti e 500mila euro di debiti, dopo un’operazione di factoring l’azienda si ritrova con 500mila euro di cash», perché con i crediti venduti, pari a 1 milione di euro, paga i 500mila euro di debiti e ne restano altrettanti in liquidità. E’ una tipologia di operazione che in genere fanno le grandi aziende, che in questo modo «hanno ratio migliori, che consentono finanziamenti più vantaggiosi».
Le piccole e medie imprese ricorrono più raramente a questa forma di prestito. «Le imprese che utilizzano il factoring sono 31mila, anche se quelle che lo fanno costantemente sono “solo” 25mila. Se teniamo conto di quante sono numericamente le aziende in Italia, è evidente che solo una piccola parte utilizza questo prodotto».
Alternativa naturale alla stretta creditizia
Dopo le strette monetarie della BCE negli ultimi mesi il denaro costa di più. Ma secondo Marcarini «i tassi stanno tornando in un alveo naturale, erano innaturali quando erano a zero. Forse la modifica è stata molto veloce, ma alla fine il risultato è che il costo del denaro è tornato a livelli normali».
Per contro, ci sono elementi che, proprio nei momenti di crisi, spingono le aziende verso il factoring.
Gli strumenti del factoring per le PMI
In momenti come quello attuale, molti hanno subito un peggioramento dei rating aziendale (le valutazioni di affidabilità delle imprese che vengono utilizzate sui mercati finanziari) e fanno più fatica del solito ad accedere al credito. Attraverso il reverse factoring è invece possibile ottenere credito utilizzando il rating del proprio debitore.
«E’ un’operazione di supply chain finance, che si fa partendo dal debitore. Se quest’ultima ha un bel rating, mette a disposizione un plafond a cui possono accedere i fornitori, magari selezionando solo quelli strategici. Così la PMI non spende la sua capacità creditizia, lo fa il grande debitore».
Le opzioni che offre il factoring ad un’impresa sono sostanzialmente quattro:
- gestione del credito (il fornitore cede il credito alla banca);
- copertura del rischio (operazione pro soluto, il cedente cede la responsabilità del credito alla banca);
- finanziamento (liquidità da associare alla copertura del rischio);
- deconsolidamento (volano esponenziale di crescita).
La proposta di illimity aggiunge un elemento:
anticipiamo quota parte dei contratti con i fornitori: la banca concede un anticipo sui contratti, che vengono utilizzati come ponte fino al momento in cui non viene anche emessa la fattura.
Esempio: «un’azienda edile che deve aprire un cantiere, ma non ha ancora iniziato a vendere, chiede alla banca l’anticipo su un contratto con un cliente, così da avviare i lavori. Quando poi arriva la fattura, la banca trattiene la quota parte (il prestito) e versa il resto. In genere, anticipiamo il 20%».
L’approccio illimity al factoring: servizio, non prodotto
Fra i punti di forza della proposta illimity, spiega Marcarini, c’è la specificità dell’approccio della banca al factoring, «che non è considerato solo un prodotto ma una relazione, un servizio. Il nostro obiettivo non è completare un’operazione ma relazionarci nel tempo con il cliente».
Per esempio, avere un partner nel factoring può essere utile a un’azienda che internazionalizza, perché aiuta a entrare su un mercato estero («comprando il rischio, dando indicazioni sulla solvibilità dei clienti e delle istituzioni o anche solo comprando direttamente il credito»).
In ultima analisi, un fondamentale tocco umano nella fase iniziale dell’origination, facendo leva al contempo su strumenti digitali di ultima generazione.