Riforma dei PIR al via: sono operative le nuove norme introdotte dalla manovra 2019 (commi da 211 a 215) sulla composizione dei piani di risparmio a lungo termine (introdotti nel 2017), che ad esempio sono obbligati a investire almeno il 3,5% in azioni di PMI ammesse ai sistemi multilaterali di negoziazione, e una quota analoga in fondi di venture capital.
Il decreto attuativo del MiSE del 30 aprile sulle misure previste dalla legge 145/2018 è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 maggio.
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In primis diventano più stringenti le regole sull’allocazione del capitale, potenziandone la funzione di risparmio investito nelle PMI. Cambia infatti la composizione della quota del 70% del valore complessivo del piano di risparmio da investire in economia reale (strumenti finanziari emessi da imprese italiane o europee): oltre al (già previsto) 30% in imprese non inserite nel Ftse Mib di Borsa Italiana o in indici equivalenti di altre borse (in pratica, imprese che non sono blue chips), bisogna investire un 5% in titoli di PMI ammesse a Mtf, sistemi multilaterali di negoziazione (come, ad esempio, l’AIM Italia), e un 5% in venture capital.
Quindi, al 21% (sul totale del piano) che obbligatoriamente va alle PMI, si aggiungono un 3,5% specificamente dedicato alle imprese presenti sui mercati multilaterali di negoziazione (sono escluse tutte le imprese quotate sul listino principale di Borsa, e un altro 3,5% che va ai venture capital.
Il decreto stabilisce un nuovo tetto pari a 15 milioni di euro di finanziamento per ogni singola impresa, che dunque non può ricevere risorse finanziarie superiori a questa cifra.
E’ anche obbligatorio chiedere alla PMI emittente una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante, per attestare che la PMI non ha ricevuto somme a titolo di qualsiasi misura di aiuto per il finanziamento del rischio superiore a 15 milioni di euro.
La dichiarazione contiene anche una serie di altre attestazioni relative ai requisiti. Ci sono analoghe regole previste per i fondi di venture capital ammessi (che devono avere almeno il 70% di investimenti in PMI non quotate).