Il rapporto fra economia reale e finanza è stato fra i grandi protagonisti della nona edizione del Salone del Risparmio, che si è chiuso con un intervento del ministero dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, il quale ha rivolto un appello a «ritornare all’etica degli affari cercando di non imboccare sempre la strada più facile». La “sfida di una nuova globalizzazione“, a cui era dedicato l’evento, ha identificato una serie di trend su cui riflettere, in primo quello relativo alla dell’industria del risparmio e, di conseguenza, alle Fintech. Un dato emblematico, emerso da un report dell’istituto Demia realizzato per Assogestioni, che si è rivolto a un campione di 5mila risparmiatori europei di Italia, Germania, Inghilterra, Francia e Spagna: il 72% ritiene che l’uso delle tecnologie e delle piattaforme digitali nella gestione del proprio denaro sia un fenomeno destinato a crescere, con il 39% dei Millennials che comprerebbe volentieri prodotti finanziari sulle grandi piattaforme online (Facebook, Apple, Microsoft, Google e Amazon), e nel 56% dei casi ritiene sufficiente uno smartphone per la gestione dei propri risparmi.
Sfide importanti in vista, anzi già in atto, dunque, a cui il mercato risponde con prodotti innovativi che sono pensati, anche nell’ottica della nuova globalizzazione, per andare incontro alle imprese e ai piccoli risparmiatori.
In primis, i PIR, piani individuali di risparmio, introdotti dalla manovra finanziaria 2017 e che registrano un notevole successo di mercato. Si tratta, lo ricordiamo molto brevemente, di strumenti che per legge devono investire una parte delle somme nelle piccole e medie imprese. Assogestioni ha presentato i dati relativi al primo anno di applicazione: 11 miliardi di euro raccolti, che significa l’11% della raccolta netta dell’intera industria italiana del risparmio gestito, 800mila risparmiatori, di cui 500mila che si affidano per la prima volta ai fondi comuni.
L’impatto sui mercati azionari: «il peso delle partecipazioni dei PIR sul flottante Mid Cap – ha illustrato Alessandro Rota, direttore Ufficio Studi Assogestioni – è dell’8%, per il segmento Small Cap del 6% e per l’AIM Italia del 10%». Soddisfatto Matteo Zanetti, Confindustria e Aim Italia: «continuiamo a lavorare affinché le grandi risorse raccolte dai PIR arrivino all’intero sistema industriale, anche alle imprese non quotate, perché si possa colmare il divario fra mercati dei capitali ed economia reale». Secondo Fabio Galli, direttore generale Assogestioni, «i Pir sono un’idea che potrà trovare fortuna anche all’interno dei futuri piani pensionistici europei, i PEPP».
E siamo al secondo strumento finanziario al centro dei dibattito, i PEPP ovvero i Pan-European Personal Pension, nuovi prodotti previdenziali sui quali nel 2017 la Commissione UE ha approvato lo schema di regolamento, e che si preparano ad arrivare sul mercato. Si tratta di piani pensionistici individuali, con regole armonizzate a livello europeo, che vanno quindi incontro alle esigenze, sempre più frequenti, di chi ha una vita professionale in diversi paesi europei. In parole molto semplici, si tratta di piani pensionistici che hanno le stesse regole (anche fiscali, par di capire) in tutti i paesi che li adottano. Secondo Galli, sono destinati a essere «la colonna portante di un sistema previdenziale integrato in Europa», contribuendo fra l’altro a raggiungere l’obiettivo di avvicinare ulteriormente il mondo del risparmio all’economia reale.
Infine, i numeri dell’edizione 2018: oltre 15mila partecipanti (contro i 13mila dell’anno scorso), oltre 150 marchi presenti (l’industria del risparmio gestito al gran completo), un nutrito calendario di conferenze e worskshop che hanno visto alternarsi sul palco 260 relatori, nazionali e internazionali.