Bail-in questo sconosciuto: a pochi mesi dall’entrata in vigore del nuovo meccanismo di salvataggio dei crack finanziari, piccole imprese e risparmiatori che possiedono titoli bancari ancora non sono pienamente a conoscenza della riforma basata sul principio di fondo di rimettere le perdite della banca in crisi a carico di azionisti e creditori, che dal primo gennaio 2016 andrà ad integrare il sistema di tutele vigenti oggi Europa – secondo cui in caso di banca in crisi i correntisti sono protetti per depositi fino a 100mila euro mentre sopra questa cifra rischiano di perdere i propri risparmi (a prevederlo è la direttiva 2014/59/UE Banking recovery and resolution entrata in vigore nel 2014 in risposta alla crisi, che ha visto fra le altre cose gli Stati entrare nel capitale di banche che hanno rischiato il fallimento, per evitare contraccolpi eccessivi sul sistema finanziario e di riflesso sull’economia reale).
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Se poi il bail-in non basterà a coprire le perdite, solo a quel punto interverranno gli aiuti del Fondo di Risoluzione, alimentato da contributi delle banche (55 miliardi di euro a regime). Dopo la vigilanza unificata, il Meccanismo di Risoluzione Unico rappresenta il secondo step per raggiungere il traguardo dell’Unione Bancaria, pensato da una parte per mettere a punto regole certe in caso di nuove crisi bancarie, da un’altra per salvaguardare i risparmi dei correntisti evitando che perdano tutto nel caso in caso di crack, da’un altra ancora per evitare che i conti pubblici vengano eccessivamente penalizzati in caso di nuove gravi crisi finanziarie, andando poi a penalizzare l’intera economia di un paese.
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Al di là di questo, il punto è che in Italia il recepimento delle direttive europee sul sistema bancario presenta una serie di ritardi. Lo ha spiegato in parole semplici il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, quando lo scorso aprile ha riportato al Senato la possibilità di una lacuna informativa ai danni dei risparmiatori. Non tutti in Italia sono al corrente del fatto che, tra pochi mesi, azionisti e creditori bancari saranno chiamati a sostenerne eventuali perdite:
«prima di ogni eventuale sostegno pubblico che potrà avvenire solo in casi estremi».
Di fatti, fra le varie conseguenze di questo meccanismo teso a evitare ripercussioni eccessive delle crisi bancarie sulla collettività c’è infatti la necessità di informare adeguatamente i correntisti. Spiega il Governatore:
«Le banche dovranno adottare un approccio nei confronti della clientela coerente con il cambiamento fondamentale apportato dalle nuove regole, che non consentono d’ora in poi il salvataggio di una banca senza un sacrificio significativo da parte dei suoi creditori». Quindi la clientela, soprattutto quando è meno in grado di valutare i rischi va resa pienamente consapevole del fatto che potrebbe dover contribuire al risanamento di una banca anche nel caso in cui investa in strumenti finanziari diversi dalle azioni».
L’effetto “collaterale” di una piena informazione in merito è la “fuga dei capitali” al primo segno di crisi, per ovviare alla quale le banche dovrebbero offrire ai correntisti coinvolti (azionisti e creditori) tassi vantaggiosi in virtù dei maggiori rischi corsi. Staremo a vedere.