Aumento aliquote IVA: effetti in Italia

di Barbara Weisz

Pubblicato 6 Maggio 2015
Aggiornato 13 Maggio 2015 09:48

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Le previsioni di primavera UE confermano la bassa crescita italiana rispetto all'Europa e ipotizzano un balzo dell'inflazione in caso di aumento IVA (peraltro già abolito): tasse troppo alte per le PMI.

Il 2015 si conferma l’anno della crescita, ma l’Italia resta comunque indietro rispetto alla media UE, con una ripresa graduale che si confronta con il “vento in poppa” del resto del Vecchio Continente: sono le previsioni di primavera della Commissione di Bruxelles sull’Italia, che segnalano anche come un eventuale aumento IVA comporterebbe un balzo dell’inflazione, con effetti negativi sui consumi interni, già colpiti da anni di crisi, e in generale sulla crescita dell’Economia.

=> DEF 2015: addio clausola di aumento IVA

Aumento IVA in Italia

Si tratta, è bene ricordarlo, di uno scenario (quello dell’aumento IVA), molto poco probabile, perché era previsto da una clausola di salvaguardia contenuta nella Legge di Stabilità, che invece è stata abolita dal DEF (Documento di Economia e Finanza). Il problema resta quello di capire in che modo l’Italia intende finanziare le misure a sostegno della crescita riuscendo contemporaneamente a rispettare i vincoli di bilancio, ovvero il famoso 3% di debito/PIL previsto dai parametri comunitari.

=> Confindustria, pil italiano in crescita nel 2015

Rapporto di primavera UE

Partiamo dai numeri del Rapporto di primavera UE: PIL in crescita del +0,6% nel 2015 (stesso andamento previsto dalla precedenti stime di Bruxelles) e del +1,4% nel 2016 (qui c’è un leggero incremento rispetto al precedente +1,3%). Resta una notevole differenza rispetto al resto d’Europa, che cresce del +1,5% nel 2015 e del +1,9% nel 2016. Il problema è che se la crescita del resto d’Europa è trainata dalla domanda interna, quella dell’Italia resta basata sulle esportazioni.

Su questi numeri si inseriscono due considerazioni. La prima riguarda la recente sentenza della Corte Costituzionale sul no al blocco della rivalutazione pensioni 2012 e 2013, dopo la quale lo Stato deve restituire ai pensionati una cifra che (a seconda delle diverse stima e del tutto teoriche fino ad ora effettuate) può variare dai 5 ai 10 miliardi di euro. La seconda, la necessità di mettere a punto politiche di crescita che favoriscano la ripresa del mercato interno.

Le previsioni di primavera contengono una serie di considerazioni relative a diverse misure espansive adottate dal Governo (esempio: il bonus di 80 euro in busta paga, il taglio del costo del lavoro per le imprese, gli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato), e anche all’impatto delle politiche fiscali. Ad esempio, viene sottolineato come le PMI italiane sopportino tasse molto più alte rispetto alla media europea. Fra i problemi del nostro sistema fiscale, vengono segnalati la scarsa compliance (un tasto su cui la delega fiscale insiste particolarmente), l’eccessiva evasione, le frodi IVA. Per contro, viene evidenziato come le misure di spending review possano portare benefici al funzionamento della sistema pubblico, riducendo le inefficienza, e siano anche occasione per investire maggiormente in ricerca, sviluppo, innovazione, educazione, infrastrutture.

=> Imprese, crisi e investimenti: il Rapporto MET 2015

Sul fronte della necessità di reperire risorse dopo la sentenza della Corte Costituzionale, si segnala che l’Europa non prende in considerazione queste spese nelle previsioni di primavera, il commissario per gli Affari Economici e Monetari Pierre Moscovici spiega semplicemente che sarà il Governo a dover valutare le misure per compensare le perdite eventuali. (Fonte: previsioni di primavera UE sull’Italia).