Con il perdurare della crisi calano i consumi di imprese e famiglie, poco propense a spendere e determinate a non toccare i risparmi depositati in banca. Una situazione che ha portato all’incremento delle riserve fino a 29 miliardi di euro, grazie ai depositi e ai conti correnti A rivelarlo è un’indagine condotta dal Centro studi Unimpresa, che ha monitorato i risparmi di aziende, onlus e nuclei familiari per dodici mesi, segnalando un aumento dei “salvadanai” pari al 2,77% dal dicembre 2012 allo stesso mese del 2013.
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Depositi e conti
Le riserve della aziende sono aumentate del 6,96%, quelle delle imprese familiari del 2,20% e i risparmi delle associazioni non lucrative del 2,25%. L’incremento più evidente riguarda i conti correnti, in aumento di oltre 19 miliardi tra il 2012 e il 2013, come anche i depositi vincolati a breve scadenza e i depositi rimborsabili, mentre a subire un calo sono stati i pronti contro termine. Unimpresa rivela, tuttavia, come la crescita dei depositi bancari non riguardi tutti i comparti, tagliando fuori sia i fondi pensione sia i depositi di assicurazioni.
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Consumi
Le possibili motivazioni del calo dei consumi sono state illustrate dal Presidente di Unimpresa Paolo Longobardi: «È evidente che gli Italiani, in particolare le famiglie, subiscono pesantemente i contraccolpi della crisi e la stanno pagando soprattutto in termini di crollo della fiducia. Ed è proprio la paura di nuovi scossoni e l’incertezza sul futuro a frenare la spesa e quindi i consumi. Ma le famiglie e le imprese temono pure altre stangate fiscali. Ancora non è chiaro qual è il programma del nuovo governo che sta per essere formato da Matteo Renzi, ma ogni tanto si parla di patrimoniale e certe voci frenano inevitabilmente i consumi. Serve un segnale forte e magari questo segnale deve arrivare proprio dal calo della pressione fiscale. Come abbiamo già osservato, il giro di vite Iva dello scorso anno ha provocato un calo del gettito e la riduzione delle entrate potrebbe aumentare ancora. Allo Stato non conviene alzare troppo l’asticella del fisco.»