La riforma dei partiti proposta dal Pd potrebbe essere stroncata sul nascere a causa delle proteste di Beppe Grillo al quale il disegno di legge presentato dal capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda e Anna Finocchiaro piace poco. In più le polemiche alla riforma dei partiti sono arrivate anche dall’interno del Pd stesso, soprattutto da Matteo Renzi e Pippo Civati.
Le motivazioni del M5S
Il leader carismatico del Movimento 5 Stelle ha chiarito che questo «non è un partito, non intende diventarlo e non può essere costretto a farlo» e che se la riforma dei partiti dovesse essere approvata «il M5S non si presenterà alle prossime elezioni».
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Si tratta di un Ddl “in materia di democrazia interna e trasparenza dei partiti politici” non di una proposta anti-movimenti, precisano dal Pd: «l’interpretazione secondo la quale il Pd avrebbe presentato la legge di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione sui partiti per bloccare e andare contro i movimenti è una forzatura deformante, che finisce per diventare una operazione di disinformazione».
Le critiche interne al Pd
Per Matteo Renzi però questa riforma dei partiti rischia di tradursi facilmente in «un modo per far vincere le elezioni a Beppe Grillo e ai grillini». Della stessa linea di pensiero anche Pippo Civati, che adduce le stesse perplessità di Renzi e sottolinea la «tempistica sicuramente sbagliata da parte di Finocchiaro e Zanda».
E anche lo stesso Zanda sembra essersene reso conto e si è dimostrato intenzionato a far decadere il testo del Ddl, pensando che in questo momento «l’Italia abbia cose più serie di cui occuparsi».
Comunque, precisa il capogruppo del Pd al Senato, «credo che al Paese farebbe bene avere una normativa sui partiti politici. Ma non mi sembra che il clima che ha accolto un’iniziativa vecchia di anni abbia la positività necessaria per essere portata avanti o soltanto discussa».
Riforma dei partiti
Quella della riforma dei partiti è una proposta che era stata già portata avanti anche in campagna elettorale da Pier Luigi Bersani per dare piena attuazione all’art. 49 della Costituzione sui partiti, attribuendo loro «personalità giuridica».
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Il disegno di legge prevede che vengano stabiliti «i contenuti minimi dello Statuto, alcuni principi generali, ai quali dovranno attenersi tutti i partiti che intendono concorrere alla determinazione della vita politica, pena la perdita dei rimborsi per le spese elettorali o di ogni ulteriore eventuale forma di finanziamento pubblico».
Se la riforma dei partiti dovesse essere approvata il Movimento 5 Stelle verrebbe automaticamente tagliato fuori dalle elezioni, perché i nuovi obblighi non impediranno «ad una semplice associazione o movimento di fare politica, ma il mancato acquisto della personalità giuridica precluderà l’accesso al finanziamento pubblico e la partecipazione alle competizioni elettorali».
«I partiti si prenderanno davanti al Paese la responsabilità di lasciare milioni di cittadini senza alcuna rappresentanza e le conseguenze sociali di quello che comporterà», ha commentato Grillo.
Nel testo del Ddl presentato dal Pd al Senato si legge inoltre che «gli organi dirigenti, le loro competenze, le modalità della loro elezione e la durata degli incarichi, sono conferiti a tempo determinato» e che «è fatto divieto ai partiti politici di assumere partecipazioni in società tramite società fiduciarie o per interposta persona e di investire la propria liquidità in strumenti finanziari diversi dai titoli emessi dallo Stato italiano».