Andamento a due velocità per lo spread BTp-Bund e per l’ammontare delle rate dei mutui: il primo ha subito una flessione importante permettendo allo Stato di pagare meno interessi sul debito, il tasso di interesse applicato ai mutui è invece rimasto quasi stabile dal 2011.
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Fondamentalmente questa situazione va tutta a favore delle banche. Queste hanno infatti un vantaggio dal calo dello spread, ma non vi fanno corrispondere tassi di mutui variabili e fissi più bassi.
Il risultato è che in Italia, a dispetto della situazione che dovrebbe essere favorevole sul fronte dei mutui, ottenerli diventa più difficile e i costi applicati restano alti.
Infatti, mentre lo spread BTp-Bund è sceso sotto 300 punti, dai quasi 600 punti di novembre 2011, i tassi dei mutui variabili si assestano in media intorno al 3,14%, contro il 3,55% di poco più di un anno fa.
Dunque i differenziali applicati sui mutui sono sostanzialmente al chiodo e questo nonostante lo spread sui titoli tedeschi sia calato drasticamente e il tasso Euribor con la scadenza a tre mesi sia ai minimi dall’arrivo dell’euro (0.19%, contro l’1,08% di febbraio 2012).
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Quello attuale sarebbe stato, in teoria, il momento ideale per puntare ai mutui variabili, ma le banche italiane hanno di fatto annullato questo vantaggio.
E come se non bastasse, confrontando il differenziale di costo tra i mutui erogati dagli istituti di credito in Italia e nel resto d’Europa si osserva una situazione nettamente a sfavore dell’accesso al credito italiano.
Gli istituti di credito si difendono lamentando il costo della raccolta ancora elevato, una normativa bancaria più restrittiva rispetto al resto d’Europa, difficoltà e tempistiche troppo lunghe (oltre 10 anni) per riscattare l’immobile nel nostro Paese (in Germania ci vogliono solo 12 mesi).