La riforma del lavoro non è una priorità per le imprese italiane, finendo in coda alle preoccupazioni delle aziende, in ordine di importanza: è mai possibile? A dirlo è il report di Business International “L’Italia verso Europa 2020: come prosperare in una decade di crescita zero”.
Prima della riforma delle pensioni e di quella del lavoro vengono – a sorpresa – la riforma della Pubblica Amministrazione (per il 77% delle imprese) cruciale per ridurre la burocrazia e allentare lo svantaggio competitivo italiano.
Tra le altre riforme, le aziende italiane sono concentrate su: defiscalizzazione degli utili reinvestiti dall’impresa e rapporto banca-impresa (50,2%), liberalizzazioni (31%), privatizzazione delle società pubbliche (21,6%); diminuzione della pressione fiscale (68,3%).
Lavoro e pensioni non raccolgono nemmeno una risposta.
Lo studio ha analizzato la situazione nella quale versano le imprese, a fronte del perdurare della crisi economica e ne è emerso un quadro congiunturale difficile, caratterizzato da crollo dei consumi e conseguente contrazione della domanda, ritardo nei pagamenti dalla PA, da clienti e imprese e dal credit crunch.
Gli effetti della crisi sono stati avvertiti pesantemente dal 66% degli imprenditori intervistati, l’8% in più rispetto al 2009, anno nero della crisi economica. Tre anni fa il 31% dichiarava condizioni immutate rispetto all’anno precedente, oggi la percentuale è scesa al 21%. Cresce però che rileva un miglioramento nella propria posizione: 13%, contro l’11% del 2009.
Nello specifico, quasi la metà delle imprese (47%) lamenta un calo nel fatturato nell’ultimo biennio e ben il 70% si dimostra pessimista per il futuro, aspettandosi che la crisi farà sentire i suoi effetti ancora nel lungo e medio periodo.
Una diminuzione degli ordini e delle vendite viene rilevata nel 62% dei casi, mentre il 60% delle imprese si scontra con i problemi di insolvenza dei clienti, il 50% con avverte il peso dell’inefficienza della burocrazia (50%), il 40% ha rilevato un aumento nel costo del credito oltre alle difficoltà di accesso al credito lamentate dal 39% degli imprenditori.
Difficoltà di liquidità che si aggiungono ad un aumento dei prezzi delle materie prime (lamentato dal 29% del campione) e del ritardo nei pagamenti della PA (25%).
Per migliorare la competitività dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei gli imprenditori ritengono necessario agire sul sistema infrastrutturale italiano per elevarlo agli standard europei, soprattutto per quanto concerne la rete telematica (75%).
Tra le cause di ritardo nell’attuazione dell’Agenda Digitale gli imprenditori individuano la congiuntura economica sfavorevole (53%), ancora una volta l’eccessiva burocratizzazione delle procedure (43%) e la carenza di infrastrutture tecnologiche (41%).