Ogni giorno le imprese che cessano l’attività in Italia sono oltre 1.600, precisamente 1.626 se si tiene contro del numero totale delle PMI che hanno chiuso nel primo trimestre 2012. Un dato di per sé sconcertante che, tuttavia, ha dei risvolti ancora più cupi stando alle dichiarazioni rese note dalla CGIA di Mestre .
Il numero di aziende in fallimento o comunque chiudono i battenti è stato superiore alle nuove aperture. Queste ultime, tra l’altro, offrono opportunità occupazionali inferiori, e quindi il calo dell’occupazione rappresenta una conseguenza inevitabile.
A lanciare l’allarme è il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi.
«Se tra le aziende fino ad un addetto c’è una evidente supremazia dei neo-imprenditori, quello che preoccupa è che nelle classi dimensionali superiori il saldo è sempre negativo.
Insomma, se a chiudere sono le imprese più strutturate che solo in parte vengono rimpiazzate con altre aventi livelli dimensionali più contenuti, ciò comporta un evidente aumento dei senza lavoro.»
I dati relativi alla natalità e mortalità delle imprese nei primi tre mesi del 2012 sono, inoltre, peggiori rispetto a quanto calcolato nel medesimo periodo del 2011, quando le cessazioni sono state 134.909.