Secondo l’ultima edizione del rapporto annuale “Global Software Piracy Study” di BSA (Business Software Alliance), in Italia quasi la metà dei software installati è senza licenza, con una perdita per l’industria pari a 1.398 milioni di euro.
Il tasso di pirateria in Italia relativo al 2011 è pari al 48%, in calo di un solo punto percentuale rispetto al 49% dell’anno precedente: troppo poco per allontanare il nostro Paese dalla seconda posizione nella classifica dell’illegalità in Europa Occidentale; prima di noi solo la Grecia con un clamoroso 61%.
Siamo ancora lontani dalla media europea (35% nel 2010 e 33% nel 2011).
Pesa sul nostro Paese, spiega BSA, soprattutto una normativa carente sulla tutela della proprietà intellettuale.
«Il nostro Paese si trova ancor oggi privo di una salda normativa per la tutela della proprietà intellettuale in Rete, laddove altre nazioni europee stanno già traendo positivi risultati da innovazioni regolamentari che noi da tempo chiediamo alle Istituzioni», ha commentato Matteo Mille, presidente di BSA Italia.
Si evidenzia inoltre una correlazione tra tassi di pirateria e la presenza di mercati maturi, che presentano una quota massiccia del controvalore economico generato dalla pirateria.
La forte crescita del mercato ICT nel mondo in via di sviluppo ha infatti portato il valore del mercato “pirata” a oltre 45,6 miliardi di dollari.
«La pirateria del software continua a drenare risorse all’economia legale nel mondo intero, rallentando l’innovazione nel settore IT e danneggiando l’occupazione», aggiunge Mille. In Italia (ma non solo), nonostante un sostegno deciso alla proprietà intellettuale, manca ancora una vera attività di prevenzione.