La necessità di politiche di rigore del bilancio non si discute, ma ora l’imperativo è la crescita, e l’Italia si prende la soddisfazione di sottolineare di essere stata in pole positon in Europa nell’indicare questa necessità: lo dichiara il premier, Mario Monti, all’European Business Summit di Bruxelles.
Questo, in un clima europeo che sta cambiando con le elezioni in Francia (dopo il primo turno il candidato socialista Francois Hollande è in testa davanti al presidente Nicolas Sarkozy) e con la Germania che cerca un asse proprio con l’Italia sulle politiche economiche che portino alla ripresa.
«L’Italia è stata la prima a sottolineare la necessità di mettere la crescita nell’agenda europea» ha dichiarato Monti, per poi aggiungere che, a maggior ragione, oggi «accoglie con favore la maggiore enfasi data dagli altri Paesi per la crescita senza che sia in conflitto con la disciplina di bilancio a cui si è arrivati grazie al contributo della Germania». Una frase diplomatica, che da una parte sottolinea l’importanza dell’impulso dato dalla Germania alle politiche europee, dall’altra rivendica una nuova centralità italiana.
UE: da rigore a crescita
Sullo sfondo, una serie di incontri strategici che hanno visto il ministro degli Affari Europei, Enzo Moavero Milanesi, a colloquio con il consigliere delle Politiche Europee della cancelliera tedesca, Meyer Landrut. I due, secondo quanto è emerso, si sono trovati d’accordo sulla necessità di dare un nuovo impulso alla crescita in un’Europa che ha iniziato questo 2012 all’insegna della recessione.
Un dibattito particolarmente interessante per le imprese, che da tempo insistono sulla necessità di puntare sugli stimoli alla crescita e alla competitività. La crescita va perseguita attraverso le riforme strutturali, così da assicurare effetti sul lungo periodo nel pieno rispetto degli altrettanto importanti vincoli di bilancio.
Tutto questo succede mentre in Francia il candidato Hollande non nasconde (del resto, non la ha mai fatto) la sua intenzione di rivedere il trattato europeo, il Fiscal Compact, siglato nel marzo scorso, per proporre una serie di misure maggiormente orientate alla crescita.
Eurobond e tassa sulle transazioni finanziarie sono due dei cavalli di battaglia della campagna presidenziale francese dell’avversario di Sarkozy. Quest’ultimo, insieme alla Cancelliera tedesca Angela Merkel, in questi anni è stato il principale artefice di una politica economica tutta incentrata sulla necessità del rigore. Non sono mancate le critiche in questi anni, relative ai rischi di effetti recessivi e al “prezzo” pagato ai tentennamenti sul salvataggio alla Grecia.
Si delinea dunque un nuovo equilibrio europeo, destinato a sostituire l’asse Parigi-Berlino che ha dominato la gestione della crisi del debito in questi anni con entrambi gli alleati forti, ovvero Francia e Germania, che sembrano corteggiare quell’Italia che da tempo insiste per puntare maggiormente sulla crescita.
Italia: tra rigore a crescita
Tornando a Monti, nel suo discorso a Bruxelles è stato ben attento a mantenere l’equilibrio fra rigore e crescita, pronunciandosi ad esempio in modo contrario verso l’ipotesi di politiche keynesiane, che spingono la domanda ma non aiutano strutturalmente l’economia. «Rifiutiamo politiche di rilancio tramite spese effimere e deficit ha detto il premier italiano. In questa fase bisogna «concentrarsi su politiche di riforme strutturali sia a livello europeo sia a livello di politiche nazionali».
Quindi no a «politiche sul lato della domanda, per così dire keynesiane, che vanno contro le politiche recenti di disciplina di bilancio senza dare effetti» e sì a «un appello a favore della crescita evitando che gli strumenti di disciplina di bilancio portino a uno sfacelo». In sintesi, «non dobbiamo eludere la disciplina di bilancio ma renderla effettivamente sostenibile».
A livello nazionale (italiano) la necessità di bilanciare maggiormente crescita e rigore, senza sbilanciarsi sul secondo punto con il rischio di acuire gli effetti recessivi, hanno insistito negli ultimi giorni anche la Banca d’Italia e, soprattutto, la Corte dei Conti.
Mario Monti, ora, evidentemente spinge sul concetto anche a livello europeo.
Il monito della BCE
Un monito in questo senso ai governi di Eurolandia è arrivato anche dal presidente della Bce, Mario Draghi, che davanti alla commissione Affari Economici del Parlamento europeo ha dichiarato: «abbiamo avuto un fiscal compact» e ora «ciò che più mi preme è di avere un growth pact», ovvero un patto per la crescita.
Risultato: reazione molto favorevole dal camdidato socialista all’Eliseo, Francois Hollande, apprezzamento anche da Berlino con la calncelliera Angela Merkel che ha insistito sul fatto che lo stesso Draghi ha parlato di crescita da attuare attraverso le riforme strutturali. Una posizione molto simile a quella espressa oggi da Mario Monti.
Draghi ha sottolineato che «garantire la competitività di tutti i Paesi della zona euro dovrebbe essere visto come una responsabilità comune» ha parlato di un necessario «cambiamento di mentalità» nelle politiche economiche nazionali dei vari stati membri. Ha anche avvertito che un consolidamento di bilancio basato eslcusivamente sull’aumento delle tasse «è sicuramente recessivo». Meglio puntare su «una riduzione delle spese correnti, in particolare di quelle più improduttive».
Questo dunque il dibattito europeo, in vista del prossimo vertice, ilconsiglio europeo di giugno, che sarà quasi certamente incentrato sulla crescita e che potrebbe addirittura vedere, insieme al fiscal compact firmato a marzo, un nuovo patto per la crescita sull’onda di quanto auspicato da Mario Draghi.