L’economia globale non accenna a migliorare e a causa della crisi economica un’impresa su due rischia la chiusura entro i primi 5 anni d’attività. Una situazione talmente drammatica da spingere a volte anche a compiere gesti estremi: da inizio anno sono già 23 i suicidi tra imprenditori a causa della impossibilità di far fronte ai debiti.
A lanciare l’allarme è la Cgia Mestre: «un vero grido di allarme lanciato da chi non ce la fa più. Le tasse, la burocrazia, la stretta creditizia e i ritardi nei pagamenti hanno creato un clima ostile che penalizza chi fa impresa.
Per molti, il suicidio è visto come un gesto di ribellione contro un sistema sordo ed insensibile che non riesce a cogliere la gravità della situazione».
Analizzando i dati ISTAT sul 2009, si è visto come delle aziende nate nel 2004 la metà mancava all’appello dopo 5 anni. In pratica, sembra emergere il trend secondo cui quasi il 50% delle imprese non sopravvive più di 5 anni: un dato indicativo e «molto preoccupante che segnala la grave difficoltà che stanno vivendo le imprese, soprattutto quelle guidate da neo-imprenditori», ha spiegato il segretario Cgia Giuseppe Bortolussi.
A pesare sugli imprenditori sono in particolar modo «tasse, burocrazia, ma soprattutto la mancanza di liquidità». Servirebbe quindi molta più attenzione per le necessità delle PMI, riconoscendo alle piccole e micro imprese l’importanza a livello occupazionale.
La stessa Unione Europea ha ricordato che «il 58% dei nuovi posti di lavoro è creato dalle imprese con meno di 10 addetti e se, come risulta dai dati Istat, il 60% dei giovani italiani neoassunti nel 2011 è stato assorbito dalle micro imprese con meno di 15 addetti, è chiaro che il Governo non può non intervenire abbassando il carico fiscale sulle imprese e in generale sul mondo del lavoro, altrimenti sarà difficile far ripartire l’economia di questo Paese», ha concluso Bortolussi.
FONTE: CGIA di Mestre