La conferma ha l’ufficialità dei dati Istat: l’Italia ha chiuso il 2011 in recessione tecnica. L’unico particolare positivo è rappresentato dal fatto che la flessione di fine anno è leggermente inferiore alla stima preliminare: il PIL (prodotto interno lordo) nell’ultimo trimestre è diminuito rispetto all’analogo periodo dell’anno prima dello 0,4%, contro il -0,5% previsto.
Per quanto riguarda il dato congiunturale (rispetto al trimestre luglio-settembre), il calo del PIL è pari allo 0,7%. Sono negative tutte le componenti dell’indice tranne una, quella delle esportazioni.
Questo è un dato interessante per le aziende, a partire dalle Pmi, indicando probabilmente quella che è stata ed è tutt’ora una delle ricette anticrisi più efficace per le imprese, puntare sui mercati esteri per far fronte al calo dei consumi e quindi della domanda interna.
Ma resta il fatto che per le imprese la fine del 2011 è stato uno dei momenti peggiori della storia recente. E a confermarlo arriva un’indagine della Cgia di Mestre su uno dei problemi più grossi in questa fase di crisi soprattutto per le Pmi, quello dell’accesso al credito. Ebbene, l’ultimo semestre del 2011 è stato il peggiore degli ultimi 14 anni.
I numeri della recessione
Ma partiamo con i dati macro sull’andamento dell’economia. La diminuzione congiunturale dello 0,7% del quarto trimestre è la seconda consecutiva, dopo il -0,2% precedente, e fotografa appunto una situazione da recessione tecnica. Il dato dell’intero 2011 vede un prodotto interno lordo positivo per lo 0,5%, e anche qui c’è la piccola soddisfazione di aver rivisto al rialzo la stima preliminare, che dava il PIL in crescita dello 0,4%. Resta il fatto che siamo a livelli molto più bassi rispetto al 2010, che si era chiuso con un +1,8%.
Come detto, tutte le componenti dell’indice Istat relative al PIL del quarto trimestre 2011 hanno contribuito negativamente, tranne l’export: il contributo della domanda estera netta è stato positivo per 0,7 punti percentuali, mentre la domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto un punto percentuale alla crescita del PIL (-0,4 i consumi delle famiglie, -0,1 la spesa della PA e -0,5 gli investimenti fissi lordi). Negativa anche la variazione delle scorte, -0,4%.
Non a caso, le imprese e i settori che maggiormente puntano sull’estero sono quelle che meglio stanno affrontando la crisi.
Le stime per il 2012
Per quanto riguarda il 2012, secondo gli attuali calcoli dell’Istat, la crescita acquisita per l’intero anno sarà in flessione del -0,5%. In generale, le previsioni sono tutte all’insegna della recessione: secondo le stime della Commissione UE, l’economia italiana nel 2012 segnerà un calo dell’1,3%.
Bruxelles vede un PIL negativo dello 0,7% per questo primo trimestre, la contrazione dovrebbe poi ridursi allo 0,2% da aprile a giugno e nella seconda parte dell’anno si prevede un ritorno alla crescita. A condizione che lo spread, ovvero il differenziale fra titoli di stato italiani e tedeschi, resti al di sotto dei 370 punti base. Sono state proprio le tensioni finanziarie provocate dal rischio contagio della crisi del debito europea, con le conseguenze appunto sullo spread, a determinare l’andamento negativo della seconda parte del 2011.
L’accesso al credito
E uno degli effetti negativi più rilevanti per le imprese è stato quello della stretta al credito. Nel secondo semestre 2011, secondo la Cgia di Mestre, i prestiti bancari alle imprese (non finanziarie) hanno segnato una contrazione del 2,4%, quelli alle famiglie produttrici, ovvero alle imprese familiari sotto i cinque addetti, dell’1,6%. Sono i dati peggiori dal 1998, quindi degli ultimi 14 anni.
«Bisogna ritornare a dare ossigeno alle imprese – commenta il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi – altrimenti corriamo il rischio che la situazione imploda. Le avvisaglie, purtroppo, non mancano». Bortolussi ricorda i recenti suicidi dei due piccoli imprenditori di Venezia e di Taranto per mancanza di liquidità, definendoli «la punta dell’iceberg» e lancia l’allarme: «il sistema delle micro imprese rischia di non reggere l’urto della crisi».
L’associazione degli artigiani veneti si appella al governo Monti «affinché intervenga in tempi rapidissimi e recepisca la Direttiva europea contro i ritardi dei pagamenti» per mettere fine a un «malcostume tutto italiano che sta gettando sul lastrico tantissimi piccoli imprenditori artigiani che si trovano a corto di liquidità anche perché non riescono a recuperare i propri crediti».
La CGIA esprime contrarietà all’ipotesi avanzata dall’Amministrazione finanziaria di applicare un bollino blu per i negozi fedeli al fisco, ritenendo «più giusto, in una fase economica così delicata, che lo Stato prima paghi i 70 miliardi di debiti che ha nei confronti delle imprese italiane, poi, eventualmente, si arroghi il diritto di emettere una sorta di bollino blu ai commercianti onesti».
E conclude con una provocazione: «visto il bassissimo livello di efficienza della nostra Pubblica amministrazione che non ha eguali in tutta Europa, perché non consentire ai commercianti di applicare un bollino nero agli uffici pubblici che funzionano poco e male?».
Tornando ai dati sulla stretta al credito, il dato del secondo trimestre 2011 è peggiore anche di quello dell’analogo periodo 2009, l’anno peggiore della crisi finanziaria seguita al crack di Lehman Brothers, quando i prestiti alle imprese hanno segnato un calo del 2′,1% che però erano in parte bilanciati dal +0,7% dei prestiti alle famiglie produttrici.