Il Rapporto Cerved PMI 2017 analizza lo stato di salute delle piccole e medie imprese italiane, registrando ulteriori segnali di ripresa. Nel 2016, infatti, per il quarto anno consecutivo i bilanci delle PMI hanno mostrato chiare evidenze di miglioramento, con una crescita di ricavi (+2,3%), del valore aggiunto (+4,1%) e del MOL (+3,6%). Migliorata anche la redditività netta, tornata sopra i livelli del 2008 e quindi molto vicina ai livelli pre-crisi.
Una situazione favorevole che ha aumentato in parallelo la propensione all’investimento delle PMI, con andamenti positivi diffusi a tutte le dimensioni e i settori. Un trend segnalato anche dall’Osservatorio sull’Open Innovation presentato a SMAU Milano, che ha incoronato le Piccole e Medie Italiane come le vere protagoniste del CVC (Corporate Venture Capital) in Italia.
Tornando al Rapporto Cerved, risulta in aumento anche il numero di PMI attive sul mercato, passando dalle 136mila unità del 2014 (erano 150mila nel 2007) a 145mila nel 2016 (+3,6% sul 2015, quando si era registrato un incremento del +3,1% rispetto al 2014).
A contribuire maggiormente a tale risultato è stata la crescita dimensionale delle microimprese, insieme al forte calo delle chiusure.
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L’aspetto più incoraggiante riguarda il fatto che si tratta di una ripresa con basi finanziarie e reddituali solide: se nel corso del 2016 tornano a salire debiti commerciali (+1,2%) e finanziari (+1,1%), prosegue anche l’aumento del capitale proprio (+4,9%). In più il rapporto tra debiti finanziari e capitale netto, passa dal 115% del 2007 al 76%. A questo si aggiunge il fatto che negli score economico-finanziari assegnati alle imprese oltre la metà delle imprese è classificato come “solvibile”, mentre solo il 14% è “rischioso”.
L’analisi sui bilanci delle PMI più solide evidenzia un ampio spazio per un’ulteriore crescita dell’indebitamento: in totale si stima che possano essere richiesti ulteriori 103 miliardi di finanziamenti senza peggiorare il rischio imprenditoriale, fondi che potrebbero accrescere gli investimenti e la capacità produttiva delle imprese.
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Il Rapporto si concentra poi sull’impatto del piano Industria 4.0 sulle performance e sui lavoratori delle imprese innovative, grazie all’incrocio di dati Cerved con dati INPS. Quelle che hanno fortemente investito in innovazione e in capitale fisico prima della crisi (le cosiddette aquile):
- sono più giovani;
- impiegano più donne, più under 45;
- vantano una forza lavoro più qualificata.
- mostrano una maggiore rischiosità rispetto alle altre imprese e tassi di default più alti, compensati però da una alta natalità.
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