Era il primo gennaio 2002 quando l’Italia disse addio alla Lira, introducendo nel proprio sistema monetario l’Euro al posto della moneta locale, assieme ad altri 21 (sugli allora 15) Paesi UE. Un passaggio molto discusso persino oggi. Con motivazioni diverse, c’è ancora chi chiede uscire dall’Euro, accusato ad esempio di aver causato il raddoppio dei prezzi. La questione sulla quale si dibatte riguarda in particolar modo i possibili effetti economici del nostro Paese di un’uscita dall’Euro.
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Una discussione ancora aperta e sulla quale si sono riaccesi i riflettori in seguito alla pubblicazione di un working paper dell’OFCE di Parigi – diffuso in questo giorni dai vari siti “no Euro” – secondo il quale non vi sarebbe alcun pericolo per l’Italia in caso di uscita dall’Euro. Più in particolare, secondo gli autori (Cédric Durand e Sébastien Villemot) non vi sarebbe alcun effetto dell’uscita dall’Euro sugli stati patrimoniali degli agenti economici nelle economie che compongono l’Eurozona, il cosidetto balance sheet effect.
Un’opinione decisamente diversa da quella prospettata in questi anni da praticamente tutti gli economisti secondo i quali uscendo dall’Euro ci sarebbe il rischio di non poter riportare nella nuova valuta parte dei debiti, ad esempio quelli sotto una legislazione estera: in questo caso si verificherebbe un aumento del debito proporzionale alla svalutazione della nuova moneta, mettendo a rischio la stabilità finanziaria.
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Ovviamente, se la nuova moneta adottata dal Paese uscito dall’Euro non si svalutasse non si verificherebbe questo tipo di problema. Questa la situazione ipotizzata dagli autori del paper, secondo i quali la nuova moneta, ovvero la nuova Lira in Italia, addirittura si rivaluterebbe del 1% rispetto al resto dell’Eurozona.
Una valutazione basata sulle partite correnti dei Paesi usciti dall’Euro, ma realmente attendibile?
Il caso Gran Bretagna fa però riflettere: in seguito all’annuncio dell’uscita dall’UE la sterlina si è svalutata del 15% rispetto al dollaro e del 10% rispetto all’Euro.
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Gli stessi autori del paper non sembrano essere del tutto convinti che la nuova Lira non subisca una svalutazione pur ritenendo che, anche di fronte ad una svalutazione del 15%, il rischio per la stabilità finanziaria dell’Italia passerebbe semplicemente da nullo a basso.