Cambiamenti in programma, a fronte della Brexit, per le regole fiscali sugli scambi di beni tra la Gran Bretagna e i Paesi UE, in termini di rimborsi, dazi all’importazione e pagamenti alla dogana, ma anche di procedure, come i controlli sulle merci le modalità di applicazione dell’IVA all’importazione.
In seguito all’uscita della Gran Bretagna dalla UE verrà meno la libera circolazione delle merci.
Ricordiamo infatti che tra i Paesi dell’Unione Europea non si paga l’IVA e non ci sono dazi doganali per le esportazioni e le importazioni tra i Paesi Membri.
In più, ad esempio, con l’UK fuori dall’Unione cambierebbero anche le norme di tutela sul diritto d’autore delle opere circolanti tra i vari Paesi.
Le conseguenze vedranno coinvolte le imprese che effettuano attività di import ed export, ma avranno ovviamente riflessi anche per i consumatori sui quali graveranno inevitabilmente gli aumenti di prezzo dei prodotti.
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IVA
In termini di imposta sul valore aggiunto, in futuro un operatore britannico in Italia in caso di acquisto di beni in Italia che rivenda poi nel nostro Paese gli stessi beni a un soggetto passivo d’imposta italiano, pur non dovendo assumere in Italia alcuna posizione, dovrà seguire per il rimborso dell’IVA assolta sull’acquisto una procedura ben più lunga di quella attuale, con durata dai 6 agli 8 mesi rispetto ai 4 previsti per i soggetti residenti dall’articolo 38-ter del Dpr 633/72.
Per quanto concerne le prestazioni di servizi rese nei confronti di un operatore non residente determinano l’emissione di una fattura fuori campo IVA e l’operazione viene tassata in base al committente. Dunque anche con l’uscita dall’UE del Regno Unito, da questo punto di vista non cambierebbe molto. Le prestazioni di servizi ricevute vengono assoggettate dagli operatori nazionali a imposta in Italia con il sistema del reverse charge, nel caso dell’UK l’operatore nazionale non dovrà però più redigere il modello INTRASTAT.
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Cambiamenti sono previsti anche per quanto riguarda gli adempimenti legati all’e-commerce. Nel caso di commercio elettronico diretto, ad esempio, l’operatore britannico dovrà necessariamente nominare un rappresentate fiscale in uno degli Stati Membri. Stesso discorso per i casi in cui si applicano il Moss (Mini one shop stop) o l’Oss (One shop stop). Obblighi che presto verranno estesi anche alla cessione di beni materiali, alle operazioni di installazione, montaggio e assemblaggio di un bene presso il cessionario residente in uno degli Stati Membri e alle cessioni di beni transfrontaliere.
Ci sarà poi da gestire il possibile problema della doppia imposizione, ad esempio nel caso di importazione di beni che sono soggetti a licenza, e la questione delle accise con la possibile creazione di nuove forme di protezionismo dei singoli mercati.
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Iter
Si tratta per ora solo di ipotesi, molto realistiche, in attesa che la Gran Bretagna notifichi la propria decisione al Consiglio Europeo, come previsto dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona che regolamenta il meccanismo di recesso volontario e unilaterale di un Paese dall’Unione europea (UE). Il passaggio successivo sarà quello di trovare un accordo con la Gran Bretagna da sottoporre ad approvazione da parte del Parlamento Europeo e del Consiglio UE. Una volta entrato in vigore tale accordo, nei rapporti con la Gran Bretagna, non saranno più applicati i trattati dell’UE e quindi bisognerà attenersi alle nuove direttive che regolamenteranno i rapporti commerciali tra i Paesi Membri e l’UK.
In mancanza di intesa, l’uscita diventerà comunque effettiva e per la Gran Bretagna torneranno in vigore le regole del World Trade Organisation, tra le quali quella che prevede che le merci esportate nella UE vengano soggette a dazi.