Un intervento del Governo per iniettare capitali nel sistema bancario e limitare l’effetto Brexit, ossia l’uscita della Gran Bretagna dalla UE: è una delle ipotesi allo studio dell’esecutivo, che verrebbe messa in pratica nel caso in cui si rendesse necessaria, in linea con l’obiettivo, sottolineato dal premier, Matteo Renzi, di:
«garantire con qualsiasi mezzo la stabilità del sistema finanziario e la sicurezza dei risparmiatori».
Le Borse intanto continuano a perdere, mentre la Sterlina cede il 2,5% sull’euro e tocca i minimi da 31 anni sul Dollaro. Vendite ancora pensati proprio sul settore bancario, sotto di oltre il 7% in Piazza Affari, con un crollo solo di poco superiore a quello dell’indice settoriale europeo, sotto del 6%.
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Anche per rispondere all’ondata di vendite sui bancari, il Governo pensa a un piano che sarebbe sicuramente coordinato con Bruxelles: sul piatto, circa 40 miliardi di euro. Per ora, comunque, si tratta solo di indiscrezioni, l’esecutivo non ha operativamente approvato nessun piano, ma evidentemente il monitoraggio della situazione prosegue.
Anche in considerazione del vertice di Berlino con la Cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Francois Holland, il presidente del Consiglio UE Donald Tusk, preparatorio del Consiglio europeo (per la prima volta a 27 stati, senza la Gran Bretagna), del 28 e 28 giugno. Nel riferire al Parlamento italiano, Renzi parla di:
«un voto che pesa come un macigno nella storia europea», l’Italia farà la sua parte per «un’Europa più sociale con uno sguardo più comprensivo, con uno sguardo alla generazione Erasmus».
Sul fronte delle conseguenze per le imprese, in Gran Bretagna un imprenditore su cinque a caldo dichiara di voler trasferire parte delle attività all’estero: lo rileva un sondaggio condotto da un’associazione imprenditoriale, Institute of Directors (IoD), fra i propri iscritti.
Il 64% delle imprese ritiene che l’uscita del Regno Unito dell’Unione europea sarà «negativa per il business», il 24% prevede di bloccare le assunzioni e più di uno su cinque (22%) prevede di delocalizzare alcune operazioni.Commenta Simon Walker, direttore generale dello IoD:
«La maggior parte delle imprese pensa che la Brexit sarà negativa per loro e improvvisamente i progetti di investimento e di assunzione sono congelati o ridotti»
Le reazioni delle imprese italiane: Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, si augura effetti limitati sull’economia, e definisce l’uscita del Regno Unito dalla UE un:
«chiaro segnale, da non sottovalutare, che indica la disaffezione e il disorientamento di una parte di cittadini europei rispetto a istituzioni troppo complicate, distanti e spesso incomprensibili dall’opinione pubblica».
L’ufficio studi dell’associazione di PMI non prevede che le fibrillazioni di mercato possano provocare conseguenze rilevanti sull’economia reale, mentre vede rischi, sul medio periodo, per:
«un indebolimento dell’economia europea dovuto a una crisi di fiducia nell’euro e nell’Europa in generale».